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Cosa succede alle Province dopo il NO del referendum? Per ora poche risorse e molte incertezze

Oggi si vota per rinnovare i consiglieri della Provincia di Rimini. Un’elezione di secondo grado, come avviene per il Presidente della Repubblica: a votare non sono i cittadini, ma i loro rappresentati già eletti.

Votano solo i consiglieri comunali dei 25 Comuni della provincia di Rimini e sono eletti 12 consiglieri. Rimangono in carica 2 anni, possono avere delle deleghe, non percepiscono indennità. Il Presidente della provincia può essere solo un sindaco e rimane in carica 4 anni. Nella provincia di Rimini è Andrea Gnassi e verrà rinnovato nel 2018.

Ma dopo il voto sul referendum costituzionale che ha bocciato la riforma, cosa succede alle province?

Con la vittoria del NO le province non vengono formalmente abolite del tutto, ma mantengono la struttura prevista dalla legge Delrio, che nel 2014 ha ridefinito l’assetto e le loro funzioni.

In sostanza, la legge istituisce le città metropolitane: originariamente 11, ma poi pure Messina, Reggio Calabria e Cagliari si sono aggiunte all’elenco .

Nel resto d’Italia – detratte le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione-Provincia, pure autonoma, della Val d’Aosta – ci sono ora 93 “enti di area vasta”. Che non sono elettivi.

Questi enti sono stati falcidiati dai tagli di risorse e persosnale, nonostante mantengano competenze rilevantissime su scuola, strade e ambiente.

Ma rischia di esserci un problema.

Infatti la legge Delrio è stata approvata sotto forma di maxi-emendamento con la fiducia: un articolo unico con 151 commi. E al comma 51, dopo aver istituito le città metropolitane, si inizia a riformare le normali province sotto quello che può essere considerato un “auspicio con forza di legge”: «In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le province sono disciplinate dalla presente legge».

Nel 2015 la Consulta bocciò i ricorsi di alcune Regioni contro la legge Delrio; chissà se oggi , dopo l’esito referendario, andrebbe alla stessa maniera.

Tanto più che c’è quel comma 51: la “legislazione nell’attesa di…”.

La Costituzione vigente (Parte II, Titolo V, art. 114) dice delle Province:
«La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.

I Comuni, le Province, le Citta` metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome.

Oggi la situazione finanziaria della provincia di Rimini, come di tuttele province italiane e è al limite del collasso, e non in grado di adempiere alle proprie funzioni: in primo luogo provvedere a scuole e strade.

Come rimane l’incertezza sul destino del personale delle province. Una parte trasferito alla Regione, altri che rimangono a svolgere le funzioni di prima.

Forse sarebbe necessaria una riorganizzazione alla luce del risultato referendario. Province di aree vaste? Un’unica provincia per la Romagna? Sarebbe coerente con ciò che si è fatto e si sta facendo su questo territorio nel campo dei servizi e delle politiche sanitarie. Ma anche con quanto stanno facendo, per esempio, le Camere di commercio e associazioni di categoria.

E’ necessario rilanciare, non tornare indietro, riorganizzando e ottimizzando le risorse umane e finanziarie. Ma peggio sarebbe fare finta di nulla.

Stefano Cicchetti

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