Un comunicato di “Non una di meno”, di Rimini, in relazione alla festa della donna dell’8 marzo:
“L’otto comunque, l’otto dovunque.
La Commissione di Garanzia – dice una nota dell’organizzazione “Non una di meno” – vieta lo sciopero femminista del 9 marzo e limita fortemente le possibilità di manifestare l’8. Ma noi non ci fermiamo. Nelle regioni in cui è stata imposta la chiusura delle scuole, migliaia di lavoratrici hanno perso il salario o ricevuto salari ridotti. Alcune perché insegnanti precarie, come le educatrici, molte perché sono rimaste a casa con i/le bambin/e o con le persone anziane o malate più esposte agli effetti del virus. Per questo stiamo pensando a una rete di mutuo aiuto per dare supporto a quelle famiglie – soprattutto alle donne, su cui ancora ricade la maggior parte del carico della cura – che si trovano in difficoltà nel conciliare lavoro e cura di figli e figlie che non possono andare a scuola (per informazioni scrivere alla nostra pagina Facebook @nonunadimenorimini).
I lavoratori e le lavoratrici – prosegue la nota – dello spettacolo hanno perso compensi e possibilità di raggiungere il numero di repliche necessario al riconoscimento dei fondi pubblici.
Da settimane, le operatrici sanitarie e le infermiere lavorano senza sosta a parità di salario. Le lavoratrici domestiche e di cura, assumono una quota significativa del rischio sanitario in cambio di salari da fame, le lavoratrici dei servizi di pulizia fanno turni sfiancanti per garantire l’igiene degli ambienti. La difficoltà si sente particolarmente sulle persone migranti che scontano il ricatto del permesso di soggiorno legato al lavoro. Il telelavoro è stato presentato di volta in volta come soluzione obbligatoria o consigliata, ma nessuna attenzione è stata posta sulle condizioni materiali di lavoratrici e lavoratori. Lavori a chiamata, contratti di collaborazione, lavoratori autonomi, partite IVA: come avrebbero potuto stare a casa? E chi una casa non ce l’ha? Chi ha una casa che non è un posto di lavoro adeguato?
Nel frattempo, la violenza maschile e di genere, che dall’inizio dell’anno in Italia ha ucciso quattordici donne, di cui sei donne trans, e colpisce fortemente le persone LGBT*QIA, non si è fermata. Anzi, le quarantene rischiano di esasperare la violenza domestica. Continueremo a lottare perché queste condizioni non rimangano invisibili e affinché ciascuna possa sottrarsi al ricatto della violenza. Oggi più che mai reclamiamo un welfare universale e un reddito di autodeterminazione, perché non siamo più disposte a farci carico del lavoro di cura, gratuito o mal pagato, che svolgiamo ogni giorno.
In questi anni abbiamo praticato lo sciopero femminista e transfemminista globale facendone un potente strumento di sollevazione contro la violenza patriarcale. Questo strumento – conclude “Non una di meno” di Rimini – ci viene sottratto, ma non rinunceremo affatto a occupare le strade e le piazze in tutte le forme che saranno possibili anche a Rimini, in comunicazione transnazionale con ogni lotta femminista, con tutta la fantasia e la moltiplicazione di pratiche e linguaggi di cui siamo capaci. Lo faremo perché ci muove l’urgenza di fare sentire la nostra voce contro la violenza di una società che ci sfrutta, ci opprime e ci uccide”.
Non una di meno – Rimini