“Pensavamo di avere scritto la parola fine sulla disputa tra la Soprintendenza e la città di Rimini – dice il presidente di FIPE-Confcommercio della provincia di Rimini, Gaetano Callà – invece purtroppo non è così e ancora una volta dehors e tavoli esterni delle attività del centro storico sono diventati problemi da estirpare alla radice. Il blitz di venerdì, perché di questo si è trattato, contro le attività della vecchia pescheria che hanno dovuto togliere in tutta fretta sedie e tavolini esterni, ci ha lasciato nuovamente basiti. Confermando la vicinanza all’amministrazione, in questo caso mera esecutrice materiale di scelte altrui, che vorrebbe una Rimini aperta, viva e accogliente, ci troviamo a dover stigmatizzare il nuovo diniego della Sovrintendenza che ha un lavoro di grande responsabilità come quello di mantenere alto il decoro e l’immagine del territorio salvaguardando i monumenti, ma forse ha dimenticato il buonsenso.
Da anni i pubblici esercizi sono autorizzati ad avere quei tavoli e quelle sedie e a scadenza queste autorizzazioni sono sempre state rinnovate. Rimini si fa bella, ristruttura, riqualifica e diventa appetibile per il turismo tutto l’anno, ma proprio ora per la Soprintendenza i tavolini dei pubblici esercizi diventano un problema di immagine talmente grande da chiederne l’immediata sparizione. Forse Rimini è diventata diversa da tutte le altre città?
Se invece, come abbiamo letto, si tratta di problemi legati al restringimento del passaggio pedonale, basterebbe forse limitare il numero degli arredi e rendere più snello il passaggio. Le imprese, giustamente, esigono certezze su cosa possono fare e cosa no e le esigono in tempi congrui ad organizzare il lavoro e le assunzioni di personale. Queste autorizzazioni sono state tenute ferme per mesi e poi a due giorni dal Natale sono arrivati i vigili a fare le multe. Non è così che ci si comporta se si vuole il bene della città, del turismo e delle piccole imprese. Non vediamo l’ora di sederci al tavolo con Soprintendenza e amministrazione per capire fino a che punto si voglia far diventare il centro storico un museo da guardare solo a distanza e non da vivere”.