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Il poeta maccheronico “messo in riga” dalla burocrazia

Cognome e nome: così si usa a scuola e in genere nella burocrazia di stretta osservanza. Ma nei nomi delle vie, non si vedono mai Garibaldi Giuseppe, Livio Tito o Alighieri Dante: nelle tabelle usa prima il nome e poi il cognome; così è nella vita quotidiana e così indicano le norme generali della toponomastica.

Eppure a Rimini c’è una via dove il gelido burocratese ha prevalso sull’uso comune. Forse perché non era facile distinguere quale fosse il nome e quale il cognome? Fatto sta che sul cartello campeggia via Folengo Teofilo, che è una piccola traversa di viale Carducci, zona mare.

Ma chi era costui? Gerolamo Folengo, più conosciuto come Teofilo (ma anche con gli pseudonimi Merlin Coccajo, Merlin Cocai o Limerno Pitocco) nacque a Mantova nel 1491 e morì nel 1544. È l’autore più famoso della poesia “maccheronica”, genere letterario che ebbe enorme successo nel Rinascimento, ma che ancora oggi è stata fonte di ispirazione soprattutto per il premio Nobel Dario Fo. Un miscuglio buffonesco di latino e dialetto padano, con abbondanza di nonsense, giochi di parole e irresistibili effetti comici, ma anche serbatoio prezioso per lo studio delle lingue popolari. Insomma, proprio da Folengo, dal Pulci e dal Ruzzante, Dario Fo ha sempre dichiarato di aver tratto il suo “grammelot”

La prima opera di Folengo fu il Merlini Cocaii macaronicon o Baldo, pubblicata nel 1517 con lo pseudonimo di Merlin Cocai, che narra le avventure di Baldus, un eroe fittizio. Ruvida buffoneria, ma anche genuina poesia, con descrizioni vivide e acute di critica alla società e alle sue abitudini. Nonostante venisse spesso censurato per l’uso di linguaggio e idee volgari, il Macaronicon conquistò una vasta popolarità ed in pochi anni venne ristampato in numerosissime edizioni.

Folengo è citato tre volte nel Gargantua e Pantagruel di François Rabelais, che venne profondamente influenzato dall’opera del poeta lombardo e che ne rielaborò i temi e lo stile. Era ben noto anche a Giordano Bruno e a Erasmo da Rotterdam, che lo citano e lo imitano nelle loro opere.

Curiosa, dunque, la “vendetta” più o meno consapevole della burocrazia contro uno degli autori più irriverenti verso l’autorità. Cognome e nome, signor Folengo Teofilo: come in un cupo atto ufficiale.

Stefano Cicchetti

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