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Clandestini nascosti fra i cavalli, trafficanti scoperti dopo morte misteriosa a San Giovanni in Marignano

“Fratello dove sei, io qui sto morendo”. Continuava a mandare la sua disperata richiesta di aiuto, Hussain Maalik, pakistano di 27 anni, mentre il sole di agosto martellava il van per cavalli che lo stava trasportando dalla Grecia all’Italia e nel pertugio dove era stato nascosto l’aria veniva meno. Inviava quel messaggio vocale a chi lo aveva fatto salire su quel camion, ma anche ai parenti. Ma quando il camion è giunto presso il centro ippico Riviera Horses di San Giovanni in Marignano, Hussain era ormai morto. Allora lo hanno caricato su di un furgoncino e hanno scaricato il suo cadavere in un fosso di scolo poco distante.

E lì lo avevano trovato, in località Montalbano, il 7 settembre dello scorso anno. Un corpo in stato di decomposizione così avanzato, probabilmente deturpato anche dagli animali selvatici, da rendere impossibile in un primo momento perfino determinarne il sesso. Niente documenti, niente cellulare, niente vestiti a parte i resti di un paio di pantaloncini e una catenina d’argento.

(foto Manuel Migliorini)

Le indagini partivano insomma dal buio assoluto. Ma tre giorni dopo arriva la svolta: alla stazione dei Carabinieri di Riccione si presentano due pakistani provenienti dalla Grecia, Khan Imr e Khalid Mohmed, dicendo di essere il padre e il cugino di Hussain, nato a Gujrat in Pakistan ma che faceva il pastore di pecore a  Kropia, una località dell’Attica non distante da Atene. I due raccontano che il ragazzo voleva andarsene da lì e che aveva trovato il modo di raggiungere l’Italia e poi forse qualche altro paese europeo. Il passaggio clandestino glielo avrebbero fornito un altro pakistano e un greco, trasportatore di cavalli.  Prezzo: 5 mila euro; e il padre gliene aveva consegnati 3.500. Hussain era partito il 25 di agosto. I due, ricevendo le invocazioni di aiuto e avendo visto la notizia del cadavere sulla stampa e nei social, si erano precipitati in Italia. Temevano già la tragedia e riconoscendo la catenina ne avevano avuto la drammatica conferma.

Ma cosa era successo esattamente? Le indagini, affidate anche i Carabinieri Forestali, confermano che già altre volte a Giovanni in Marignano, dove il centro ippico era risultato perfettamente in regola e del tutto ignaro di altre faccende, erano arrivati dei pakistani impiegati come “groom”: anche atleti greci iscritti nelle competizioni del mese di agosto 2018 presso al Riviera Horses si erano serviti di questi stallieri, particolarmente apprezzati per la loro abilità con i cavalli.

Saranno due di loro, una volta rintracciati, a raccontare come funzionava il sistema: semplice e geniale allo stesso tempo, a patto di non tener affatto conto dei rischi per il clandestino. Questo, a volte in compagnia di altri, veniva nascosto nella parte anteriore del van per i trasporti ippici, dove si trova un piccolo ripostiglio per attrezzi e la scorta di biada e paglia. Quasi impossibile che durante un controllo alle frontiere potesse essere scoperto: chi farebbe scendere per strada dei cavalli per le  per arrivare a guardare fin laggiù? Ma senza far scendere dal veicolo quegli animali già nervosi per le fatiche del viaggio, nessuno si sarebbe accorto di nulla. E infatti così è stato per chissà quante volte. Ma il pertugio è stretto e privo di finestrini, l’aria è poca e quando fa caldo diventa un inferno: quello che è costato la vita al povero Hussain.

Per le trattative e le istruzioni ci si serviva di Facebook. Poi, dopo un viaggio che poteva durare due giorni, ma anche quattro o cinque, in caso di imprevisti o ritardi nei traghetti. Nel caso di Hussain non si sa ancora quanto sia continuato esattamente il calvario, ma attraverso il controllo delle celle telefoniche, una volta identificato il trafficante di uomini, si è potuto ricostruire l’itinerario. Dall’Attica fino all’imbarco a Patrasso, oppure a Corfù. Di qui in nave fino a Brindisi e  poi su per l’Italia fino alla manifestazione ippica di destinazione. Qui i clandestini venivano avviati verso la stazione ferroviaria o il casello autostradale più vicino, da cui da soli avrebbero raggiunto la loro meta, che il più delle volte non si trovava in Italia.

Mentre il van viene fotografato di nuovo in Italia in occasione di un concorso ippico presso Arezzo, i testimoni fanno il nome del trafficante, riconoscendolo anche in foto: è Alì Ifran, pakistano di 33 anni residente a Patima presso Koropi, in Grecia. Contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura europeo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, occultamento e soppressione di cadavere. Attualmente si trova agli arresti in Grecia e si attende la sua estradizione.

Ma le indagini proseguono anche per saperne di più sul conto di questa organizzazione. Il sistema escogitato, infatti, poteva consentire di trasportare anche merce illecita, droga e armi comprese, che facilmente avrebbe potuto eludere perfino il fiuto dei cani.

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