Tra la Spagna e l’Italia è guerra delle vongole. I due Paesi da tempo si contendono la palma del maggior produttore europeo del settore. Da una parte le 700 imprese italiane del Mar Adriatico (per un totale di circa 1.600 addetti). Dall’altra le grandi aziende dell’Andalusia, in particolare del Golfo di Cadice.
Con la direttiva del 2015 l’Ue aveva fatto passare il principio che ovunque in Europa doveva essere vietato pescare i molluschi di dimensione inferiore ai 25 millimetri. Ma così facendo la produzione italiana rischia di saltare. E il motivo è semplice: lungo le coste adriatiche le misure delle vongole sono inferiori.
Di qui la deroga europea (valida per tre anni) alle nostre imprese, permettendo loro di pescare le vongole superiori ai 22 millimetri anziché ai 25 in vigore nel resto dell’Ue.
Ora che la prima deroga è arrivata a scadenza, la Commissione si è trovata a dover decidere se mantenere il privilegio concesso all’Italia. Così è stato, votando sì alla proroga, anche se questa volta per un solo anno.
Ma la decisione ha smosso la lobby dell’industria ittica andalusa: gli eurodeputati spagnoli hanno portato il caso davanti al Parlamento europeo, che dovrà pronunciarsi entro il 28 di ottobre per decidere se appoggiare o opporsi alla proroga concessa all’Italia da Bruxelles.
Se dovesse passare la linea di nessuna deroga, spiega “Vadis Paesanti, vicepresidente FedagriPesca regionale, «54 barche per la pesca di vongole (37 nella marineria di Rimini e 17 in quella di Ravenna) dovranno essere tirate definitivamente in secca con più di 120 pescatori che si troveranno senza lavoro”
Tre millimetri, da 22 a 25: il nodo del contendere è tutto racchiuso in questa misura che sembrerebbe trascurabile ma non lo è affatto. “La vongola Venus Gallina – prosegue Paesanti -, che vive in particolare nei fondali sabbiosi del tratto di mare compreso fra le province di Ravenna e Rimini ed è comunemente nota come poverazza, in queste zone non riesce quasi mai a raggiungere la misura minima prevista dalla Ue. Negli anni abbiamo fatto diversi tentativi di favorirne lo sviluppo, incluso prevedere lunghi periodi di fermo pesca, ma i risultati sono stati inequivocabili: a differenza delle vongole veraci, la poverazza una volta raggiunti i 22 millimetri circa, comincia lentamente a decadere e, per lo più, muore prima di conquistare questi fatidici 3 mm che mancano per la misura richiesta dall’Unione Europea”.
Non c’è quindi alcuna volontà predatoria dell’ambiente né la ricerca di facili scappatoie alla legge, alla base della richiesta italiana di conferma della deroga, ma una semplice e chiara presa di coscienza di una situazione concreta e tangibile, supportata da dati e analisi: “Abbiamo collaborato in questi anni con diversi enti di ricerca – prosegue Paesanti – per dimostrare come la nostra pesca non solo non sia lesiva per l’ambiente e l’ecosistema delle vongole ma anzi, ne favorisca lo sviluppo, permettendo la crescita sana di nuovi esemplari che trovano meno competizione e più nutrimento dopo la raccolta da parte nostra degli esemplari adulti. Abbiamo inviato i dati a Bruxelles e confidiamo che, anche sulla base di queste risultanze, la deroga venga confermata. Ne va del futuro di un settore che esporta un’eccellenza apprezzata ben oltre i confini nazionali”.
Osservando i dati dell’export, Paesanti fa notare infatti come “tra i nostri principali clienti nei mesi compresi fra ottobre e aprile c’è proprio la grande distribuzione e le catene di ristorazione spagnole che non trovano dai fornitori locali una quantità di prodotto sufficiente per soddisfare le proprie esigenze. Se nel mare Adriatico non potessimo più pescare le vongole a 22 millimetri, a rimetterci sarebbero quindi anche i consumatori spagnoli che apprezzano il nostro prodotto”.