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Quasi 3 mila donne nei centri antiviolenza, dalla Regione un milione di euro

Al 31 ottobre del 2016, sono state 2.930 le donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Fra loro, quelle che hanno denunciato una violenza sono ben il 93,5%. La maggior parte sono italiane, sposate o conviventi con figli. Le violenze che hanno dovuto subire sono fisiche, psicologiche  ed economiche.

Sono questi i dati che il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ha diffuso in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre.

Un fenomeno che anche nel riminese ha purtroppo generato gravi casi di cronaca e che Chiamacitta.it ha provato a indagare con un sondaggio.

Considerando esclusivamente le donne nuove accolte e disaggregando i dati per provenienza, le donne straniere sono in totale 751, pari al 36,4%, le italiane sono in totale 1305, pari al 63,2%. Dunque le donne straniere continuano a costituire più di un terzo di tutte coloro che chiedono aiuto ai centri antiviolenza della regione. Si confermano così le proporzioni dell’anno precedente.

La grande maggioranza delle violenze sono commesse da partner o ex partner, nel contesto quindi di una relazione di intimità: si tratta infatti per lo più di donne sposate o conviventi con figli/e. Considerando la presenza di figli/e, le madri sono 1517, pari al 77,4%, le donne accolte con figli/e sono 1814 e rappresentano il 79,1% delle donne nuove accolte che hanno subito violenza. Rispetto al 2015, la percentuale relativa alle donne con figli/e rimane pressoché invariata.

La violenza si estende ai figli e alle figlie  I minori che subiscono violenza diretta o assistita sono 1440, pari al 55,2% di tutti i figli/e delle donne accolte.

Per quanto riguarda le forme di violenza , le più diffuse sono quelle psicologiche (92,6%), seguite dalle violenze fisiche (65,2%), quelle economiche (43,2%) e da quelle sessuali (13,9%).

Cosa spinge le donne a rivolgersi a un centro antiviolenza? Al primo posto , la richiesta di informazioni (57%); poi di un colloquio successivo di accoglienza (49%); di strategie e consigli (43,1%); di assistenza o consulenza legale (23,7%). Rispetto al 2015, rimane invariato il quadro dei primi bisogni espressi dalle donne. Aumenta di 7 punti la percentuale di donne che richiede informazioni, mentre le altre variano di 1-2 punti.

Aumenta di qualche punto percentuale (+2,3) la presenza di donne in percorso da anni precedenti. Un segnale del prolungarsi dei percorsi di accoglienza, dovuto alle difficoltà che le donne incontrano, oggi più di ieri, a seguito della crisi economica, nei loro percorsi di uscita dalla violenza.

Nei casi in cui le violenze sono più gravi, e vi è una situazione di pericolo, le donne chiedono ospitalità nelle case rifugio. Le donne ospitate al 31/10/2016 sono state complessivamente 192, i figli/e 191, per un totale di 383 donne e figli/e ospitati. Le notti di ospitalità di donne e figli/ sono state complessivamente 35.550, in media 92,8 giorni di ospitalità per donna e figli/e, in leggera diminuzione rispetto al 2015, anno in cui la media di notti per donna/minore è stata pari a 113,6 giorni. Un possibile effetto dell’aumentare delle donne che vengono ospitate in strutture di emergenza.

Per quanto riguarda la violenza estrema, il femicidio, da gennaio 2016 a oggi in regione si contano 9 femicidi e 4 tentati femicidi; nel 2015 i femicidi erano stati 6. Si fa notare che il dato è sottostimato, giacché si basa solo sui casi che ottengono attenzione mediatica.

Proprio in questi giorni la Regione Emilia Romagna  ha approvato il “Bando per la concessione di contributi a sostegno di progetti rivolti alla promozione ed al conseguimento delle pari opportunità e al contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere – annualità 2016 e 2017”. I contributi per l’anno 2016 e 2017  ammontano complessivamente a un milione di euro. 

Metà dei contributi vanno agli Enti locali in forma singola o associata per la promozione e il conseguimento delle pari opportunità e per il contrasto alle discriminazioni di genere; l’altro mezzo milione ad associazioni, organizzazioni e onlus per il sostegno di iniziative, progetti e manifestazioni.

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