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Il Sogno di Francesco, la rivoluzione della semplicità

Dopo Calvario e Tutti i santi giorni, La grande luce – rassegna cinematografica dedicata alla spiritualità – propone la proiezione de Il sogno di Francesco, che si terrà alle 20:30 di domenica 20 novembre, presso il Cinema Tiberio.

San Francesco è senza dubbio uno dei personaggi più lontani dalla nostra percezione del mondo. Nessuno, più di lui, incarna una visione così antitetica rispetto a quella che ci offre l’attuale società. Cosa, più della Regola francescana, rappresenta una critica radicale al paradigma capitalistico?

Proprio perché il cinema è l’arte del nostro tempo, siamo portati a pensare che non abbia minimamente tenuto in considerazione San Francesco. Ma questa, a ben vedere, è un’illusione retrospettiva: paradossalmente, infatti, il patrono d’Italia è stato uno dei personaggi preferiti dalla settima arte: dopo Rossellini, Zeffirelli e la Cavani, San Francesco è ora il protagonista de Il sogno di Francesco.

Un’opera di due francesi quasi esordienti, e provenienti dal mondo del documentario e della scrittura: Renaud Fely e Arnaud Louvet. La peculiarità del film sta nel punto di vista narrativo: non è San Francesco a narrare in prima persona la propria vicenda, ma a farlo è, per lo più, il suo amico e discepolo Elia da Cortona. Una scelta che ha un ben preciso obiettivo: dare allo spettatore l’opportunità di osservare con maggiore distacco le gesta e la Regola di Francesco, che è poi quello che fece, almeno all’inizio, la sua stessa epoca.

San Francesco è una figura che da sempre ha affascinato il nostro immaginario, sia laico che religioso. La prova vivente che la Cristianità non è porto sicuro, rassicurazione, bensì percorso problematico, tormentato, doloroso. Le contraddizioni dell’uomo, di fronte alla spiritualità, non vengono a risolversi o diminuire, ma si elevano all’ennesima potenza. Francesco ha segnato così profondamente la nostra storia perché prima di essere un Santo è stato anche un uomo, e ha continuato ad esserlo per tutta la sua esistenza.

Il cast è prevalentemente francese e belga. Il ruolo più importante, ovvero il personaggio di San Francesco, è però riservato al nostro Elio Germano. Una nuova interpretazione biografica, dopo il convincente Giacomo Leopardi ne Il giovane favoloso di Martone, in cui l’attore romano non ha mancato di dimostrare tutto il suo talento.

Il film, più che un vero e proprio racconto biografico, potremmo dire sia l’indagine discreta del grande amore, e quindi anche del grande conflitto, fra il Santo e il suo discepolo Elia. Francesco estremamente convinto della propria Regola, di costituire un ordine basato sulla condivisione dei beni e sull’amore verso gli altri, chiunque essi fossero, senza prefigurare alcuna gerarchia interna; l’altro, invece, che cercò di mediare, diplomaticamente, con la Chiesa e le sue gerarchie: smussò gli estremismi e immaginò una dimensione politica, capace di portare avanti nel tempo gli insegnamenti francescani, rivoluzionari per il’200, ma forse ancora di più oggi.

La prima parte de Il sogno di Francesco è volta a rendere il rapporto di simbiosi assoluta fra la natura e i frati francescani: la contemplazione estatica fra una campagna primitiva, selvaggia – come quella umbra – e uno spiritualismo intriso di preraffaellitico misticismo. Siamo nel 1209, e Francesco non nasconde tutta la sua delusione per il rifiuto, da parte di Papa Innocenzo III, di accogliere la Regola.

L’unica pecca del film sta forse nel doppiaggio, che rimane piuttosto fastidioso. Per il resto bisogna ammettere che con poche, ma dense pennellate, i due registi riescono a trasmettere brillantemente il valore rivoluzionario della semplicità. Un affresco penetrante ed essenziale, che si fa punto d’accesso alla nostra spiritualità; un’opera davanti alla quale – lo si voglia o meno – rimane più facile pregare. Perché in fondo, come scrive Baudelaire, «l’uomo che recita la sua preghiera, la sera, è un capitano che mette le sentinelle. Può dormire.»

Edoardo Bassetti

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