Risulterà strano a un cittadino medio capire perché mai nella bozza della legge finanziaria del 2017 siano stati previsti 500 milioni per i farmaci oncologici, e magari non per combattere le malattie croniche degli anziani o epidemie – si pensi ai recenti casi di Ebola o Zika virus – o ad altre patologie come quelle cardiologiche.
Per la verità i milioni sono addirittura 1000 , in quanto i rimanenti 500 sono dedicate alle terapie innovative, in particolare contro l’Epatite C, con il Sofosbuvir risolutivo nel 90-95% dei casi, e la Campagna Vaccinale Nazionale, sulla quale ingiustamente numerose polemiche sono insorte.
La ragione l’abbiamo più volte esplicitata in questa rubrica: l’elevato costo dei nuovi farmaci, che ha fatto lievitare la spesa sanitaria ospedaliera di molti punti in percentuale negli ultimi anni.
Ma perché spendere tanto proprio i farmaci oncologici e non per altri ?
Le ragioni nascono nel recente passato.
Ricordo ancora di quando esercitavo la funzione di Primario Ospedaliero, e parlo di ormai 5 anni fa, che già allora vi era ‘una battaglia’ continua tutti i giorni per restare entro il budget aziendale di reparto per la spesa farmaceutica assegnataci (e devo riconoscere che era alta, ma che la Direzione Generale dell’Azienda aveva sempre mostrato particolare attenzione per la spesa dei farmaci per i nostri reparti di Oncologia e Ematologia). L’altra faccia della medaglia, il venire incontro alle esigenze terapeutiche dei pazienti con patologie difficili da trattare, valutando ogni giorno la possibilità di utilizzare nuovi farmaci da poco introdotti sul mercato o in sperimentazione, molto più efficaci dei tradizionali, ma ancora non disponibili nel prontuario regionale.
Scelte difficili di tutti i giorni. E debbo dirvi che il budget annuale veniva sempre superato del 5-10%, come in tutti gli altri centri oncologici in cui si curavano pazienti oncologici particolarmente complessi.
In questi ultimi dieci anni infatti vi è stata una rivoluzione continua delle terapie, con l’arrivo prima delle terapie target, poi degli anticorpi monoclonali e da ultimo dei farmaci immunologici.
Ho accennato al problema dei farmaci sperimentali.
Era questa una possibilità per cure nuove, con farmaci gratuiti perché ancora non ufficiali, forniti dalle aziende farmaceutiche gratuitamente, il che ci permetteva di somministrare terapie innovative, senza aumentare la percentuale del superamento dello stesso budget annuale.
Ricordo come esempio della terapia del carcinoma mammario con Herceptin, farmaco che ha salvato e che salva la vita a migliaia di donne.
Come gruppo di Rimini entrammo nell’anno 2006 nel protocollo americano con la sigla BIRC 6 e tutte le nostre 5 pazienti ebbero casualmente la sorte di cadere nel braccio con il farmaco nuovo in questione, l‘Herceptin, allora una assoluta novità nello scenario terapeutico.
A distanza di alcuni anni l’Herceptin è entrato di prepotenza nel novero dei farmaci salvavita, aumentando le guarigioni del 40%.
Questo farmaco oggi ha ancora un costo elevato, eppure noi medici dell’Oncologia riuscimmo allora a somministrarlo alle pazienti senza gravare coi costi sull’Azienda sanitaria.
E’ solo un esempio, ma questa è una delle ragioni per cui la ricerca deve rimanere nei centri Oncologici importanti, e fra questi quello di Rimini (assieme ad altri nell’Area Vasta Romagna, specificatamente Forlì-Meldola e Ravenna) e non solo in uno o due Centri Romagnoli senza Rimini.
Ma torniamo al tema di oggi: perchè in Finanziaria 500 milioni per l’Oncologia ?
I PASSI IN AVANTI DELL’ONCOLOGIA: L’IMMUNOLOGIA
Fra 2015 e 2016 è definitivamente sbocciato un nuovo filone terapeutico nel settore oncologico, quello Immunologico.
Tre nuovi prodotti, oggi già in commercio – Opdivo (nivolumab della Ditta Bristol-Myers-Squibb), Keytruda (pembrolizumab della Ditta Merk) e Tecentriq (atelizumab della Ditta Roche) – hanno prodotto importanti risultati nelle terapie del Melanoma, Tumore del Polmone e Tumore della Vescica e in molte altre patologie (su Alberto Ravaioli Medicina Online si possono trovare più informazioni) sconvolgendo in modo definitivo gli approcci terapeutici precedenti, basati principalmente sulla chemioterapia, particolarmente in queste patologie.
Il farmaco Keytruda infatti modificherà le terapie di quello che era ed è considerato uno dei nemici più importanti dei pazienti e degli oncologi, il tumore del polmone, sostituendo o integrando la chemioterapia all’esordio dei trattamenti.
E tutto questo grazie al meccanismo di azione dei farmaci stessi; farmaci che riattivano la capacità dell’organismo del paziente di sconfiggere il tumore, attraverso le sue difese immunologiche.
I ricercatori hanno capito le ragioni per le quali il sistema immune non riusciva a sconfiggere il tumore in precedenza: il tumore nella sua evoluzione nel corpo umano aveva/ha appreso col tempo le tecniche per ‘mascherarsi’ all’organismo stesso, producendo delle sostanze (conosciute come PD-1 e PDL-1 e 2) che rendono cieche le cellule deputate a eliminare e sconfiggere le cellule neoplastiche.
I nuovi farmaci ‘ridanno la vista’ al sistema immunitario del paziente, sistema che liberato da questa cecità può aggredire senza pietà le cellule malate, cioè le cellule cancerose.
Un passo rivoluzionario, appena agli inizi, ma che ha aperto le porte alla Nuova Immunologia.
Non illudiamoci però: il cammino è ancora lungo, ma la pista è tracciata e molte altre novità sono in arrivo.
LA FINE DEI PIFFERAI MAGICI
Cosa era successo in precedenza’
Numerosi tentativi, che definisco ‘magici’ perché privi di presupposti scientifici non solo teorici, ma anche sul campo concreto, e senza risultati terapeutici apprezzabili.
Ho conosciuto nella mia vita tanti colleghi che definisco in modo non dispregiativo pifferai magici. Cioè medici che hanno offerto ai pazienti trattamenti di non comprovata efficacia sperimentale.
L’intuizione era giusta: sostenevano che era il sistema immunitario a essere una possibile arma contro il cancro, come nella sperimentazione animale si era già dimostrato. Per cui agire in modo indistinto su quel sistema immunitario, significava potenziare le difese contro la malattia e quindi aiutare le terapie tradizionali a prevalere.
Così non era, purtroppo. E moltissimi pazienti erano sottoposti a terapie inutili e spesso molto dispendiose.
Ricordo il periodo di un farmaco conosciuto come Timopentina, utilizzato per rinforzare, si diceva, il sistema immune, dal costo notevole e pagato nella maggior parte dei casi dai pazienti stessi.
Personalmente non lo ho mai utilizzato perché ritenevo, come ho sempre ritenuto, che la ‘cassetta’ non debba essere lo stimolo principale della professione, ma lo debba essere la serietà terapeutica. E la Timopentina infatti è scomparsa dallo scenario terapeutico per la cura delle neoplasie.
Ci fu anche il periodo del Siero di Bonifacio, dal mondo degli ovini all’uomo, senza risultati clinici di nessun rilievo ( circa 20 anni or sono, si pensava che l’ovino producesse anticorpi di per sé più aggressivi contro il tumore o stimolasse l’organismo umano a farlo).
Per la verità, questi tentativi per quanto inefficaci, non sempre, lo riconosco, erano dannosi per il paziente. Lo erano però per il portafoglio.
Uno degli errori dell’Oncologia ufficiale degli anni ’80-’90 era infatti quello di credere in maniera assolutista alla chemioterapia, che allora andava di gran moda e che aveva prodotto e produce risultati importanti in alcune patologie (nel tumore del testicolo, ovaio, mammella, Linfomi ecc.), causando spesso però non pochi danni ai pazienti in patologie meno responsive (polmone, colon stomaco, pancreas ecc.).
Di qui la propensione di molti pazienti a rifugiarsi in terapie alternative, ma almeno tollerabili dal punto di vista degli effetti collaterali e della qualità di vita.
A Rimini noi oncologi siamo cresciuti con una cultura diversa e di questo me ne attribuisco in parte il merito: più attenzione ai pazienti piuttosto che solo alla malattia, più attenzione alla qualità della vita e pesatura adeguata alle terapie rispetto alla loro efficacia.
UNA PAROLA SULLA TERAPIA “DI BELLA”
Non inserisco la terapia del Dr. Di Bella, fra quelle dei pifferai magici.
In fondo Di Bella ha avuto tre meriti nella storia della medicina che per me sono:
- l’aver inconsapevolmente utilizzato la somatostatina nei umori a lenta evoluzione, anche se in fase avanzata. Queste neoplasie possiedono spesso recettori per la somatostatina e quindi anche se raramente possono presentare delle risposte cliniche.
Oggi e ieri la somatostatina o analoghi sono (ed erano) utilizzate anche dalla Medicina ufficiale in alcune patologie oncologiche. - l’aver utilizzato un chemioterapico, la ciclofosfamide, a basso dosaggio, anche qui inconsapevolmente, ma anticipando la nozione che la chemioterapia a basso dosaggio ha effetti antiangiogenetici, cioè danneggia i vasi sanguigni del tumore.
- l’aver utilizzato terapie non aggressive in pazienti con grande carico di malattia e con poche speranze di ottenere risultati con le terapie tradizionali.
Sia ben chiaro, non voglio affermare che questo trattamento porti risultati: non ne porta nessuno, come ho visto nella mia esperienza e in quella di letteratura.
Il carico poi di farmaci della terapia Di Bella, spesso dati ‘a casaccio’ con razionali puerili e poco validi, costituivano e costituiscono un ulteriore forte debolezza del trattamento.
Ma voglio solo dire che il ‘fenomeno Di Bella’, pur apportatore di terapie inutili e inefficaci, appare anche essere il frutto dell’arroganza e della supponenza di una parte degli oncologi che a qui tempi avevano ipertrofizzato l’utilizzo della chemioterapia.
Quindi, non utilizziamo la terapia Di Bella, in quanto inefficace e inutile , ma impariamo con un poco di umiltà la lezione di quella vicenda, portando più attenzione ai pazienti.
UNA FUTURO DIVERSO PER I PAZIENTI
Le nuove terapie nel settore dell’Oncologia aprono strada nuove al futuro per il trattamento dei pazienti oncologici: la chemioterapia, la ormonoterapia, la target-terapia, la Immunologia e la Vaccinoterapia saranno le armi delle terapia medica delle neoplasie.
Ma il problema dei nuovi farmaci, lo abbiamo rilevato più volte, sono i loro altissimi costi.
Si pensi ad esempio che nessuna delle tre molecole sopra citate sono presenti a tutt’oggi nei reparti di Oncologia Medica dell’Area vasta Romagna, nella routine quotidiana.
Spesso i meccanismi di immissione nei Prontuari Terapeutici Regionali dei nuovi farmaci sono rallentati moltissimo dalle procedur, che devono tener conto anche del budget economico, e spesso tardano 1-2 anni prima di arrivare ‘al letto dei pazienti’.
Se poi andiamo a vedere il meccanismo di immisione, ogni Regione ha il proprio, con i propri tempi e la propria burocrazia, e i diversi farmaci innovativi giungono con ritardo ai pazienti e spesso ‘ a macchia di leopardo’ nelle diverse Regioni del Paese.
Aver messo quindi in Finanziaria una norma specifica per il farmaci Oncologici e un finanziamento specifico, darà la possibilità allo Stato e alle diverse Regioni di formulare regolamenti, si spera con la maggiore rapidità possibile, affinchè una quota del finanziamento giunga ad ogni Regione e più rapidamente il possibile utilizzo dei farmaci ai pazienti.
Da questo punto di vista i nostri amministratori e dirigenti sanitari e i nostri professionisti ( quelli di Rimini intendo) dovranno vigilare affinchè Rimini rimanga nel novero dei Centri in cui sia possibile fare le nuove terapie, utilizzando per la parte dovuta, le risorse che la Finanziaria ha introdotto.
La struttura oncologica organizzativa Riminese ha tutte le caratteristiche alberghiere, sanitarie , di volumi e professionali per poterlo fare, per il bene dei nostri pazienti e per evitare inutili, costosi e di dubbia qualità, viaggi della speranza.
Alberto Ravaioli