Un babbo 50enne militare, separato, è stato condannato dal Tribunale di Rimini a venti giorni di reclusione (pena sospesa) per il reato di abuso di mezzi di correzione e disciplina. In sostanza il genitore ha colpito con una mano la schiena della figlia tredicenne. Si è giustificato dicendo che era solo sua intenzione sculacciare la figlia ma il colpo gli è finito più in alto.
Il tutto è successo nell’abitazione dell’uomo che in base agli accordi di separazione con la moglie, periodicamente ospitava le figlie. Quel giorno le due figlie avevano deciso di assistere ad uno spettacolo ed il padre le doveva accompagnare. Il diverbio è nato dai tempi di preparazione del genitore che secondo una delle due figlie era troppo lungo rischiando di far arrivare in ritardo allo spettacolo. La ragazzina sbotta con un “non ho parole”. Una frase che il padre prende come una mancanza di rispetto colpendo la figlia alla schiena.
La figlia, piangendo si chiude in bagno chiedendo alla sorella di scattare una foto dei segni della “manata” sulla schiena. La foto viene inviata alla mamma. La serata si svolge in modo tranquillo. Solo dopo cena la 13enne chiede di essere accompagnata a casa dalla madre che la porta ad una visita al pronto soccorso. I motivi della contusione sulla schiena forniti dalla ragazzina ai medici del pronto soccorso portano, come da prassi, alla segnalazione alle forze dell’ordine e poi della Procura della Repubblica.
La versione della primogenita viene confermata anche dalla sorella. Il babbo (difeso dall’avvocato Lucia Varliero) è stato anche condannato a risarcire la ex moglie (avvocato Luca Greco) di 4mila euro. Il giudice del rito abbreviato Manuel Bianchi ha assolto l’uomo dal reato di lesioni personali volontarie.