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Montecopiolo, Comitato per la Romagna: “Magnifico Rettore di Urbino, grazie ma abbiamo votato”

Una nota del Comitato per Montecopiolo in Romagna sull’intervento del magnifico rettore Stocchi dell’Università di Urbino, sull’aggregazione dei Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio alla regione Emilia Romagna, apparso sulla pagina del Resto del Carlino nella cronaca Urbino e Montefeltro del 23 aprile 2019. 

Ringraziamo il magnifico rettore per l’attenzione che ci dedica anche se non possiamo non cogliere nell’approccio seppure cauto l’aspetto tendenziale. 

In una realtà fortemente politicizzata come quella urbinate, in cui l’Università spesso sembra vicino alla politica, ed in questa fase delicata dove presto ci sarà sul disegno di legge per l’aggregazione dei Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio alla regione Emilia Romagna il voto del Senato, questo intervento non può non apparire sollecitato dai nostri avversari. 

I nostri avversari sono coloro che in questi anni hanno ostacolato e boicottato il risultato del nostro referendum di aggregazione all’Emilia Romagna, 

Il nostro referendum del 2007 è stato condotto nel pieno rispetto delle leggi e dell’art. 132 della Costituzione, il cui risultato è stato dell’84% di SI a Montecopiolo e dell’87% a Sassofeltrio. 

Dopo il referendum, a quella che era stata una normalissima consultazione popolare la reazione del PD pesarese, egemone in provincia e in regione, è stata addirittura forsennata (Ricci minacciò le barricate.) e si è manifestata nel corso di questi 12 anni con l’ostruzionismo ed il boicottaggio più o meno palese del risultato. 

L’intervento del Rettore, purtroppo sa di buonismo. 

Un richiamo al vogliamoci bene. 

Ma che lascia irrisolto il nodo politico. 

Se questo richiamo pretende la rinuncia al risultato del nostro referendum, allora quest’appello è parte della strategia a noi avversa. 

Per quanto riguarda le richiamate ragioni storiche e ideali del Montefeltro, queste restano per noi immutate e sono consegnate agli studiosi. 

Diverso invece è il criterio di risposta al bisogno di poter disporre di servizi essenziali per consentirci di poter vivere in maniera dignitosa sul territorio e di conseguenza rimuovere le cause del suo abbandono. 

Questo aspetto appartiene alla politica. 

E la politica nel corso degli anni ha esasperato le nostre difficoltà, dovute certamente alla perifericità territoriale, ma anche ad una pessima organizzazione dei servizi indispensabili. 

Il nostro referendum nasce da questo disagio dalla mancanza di sensibilità alle nostre problematiche sociali da parte della classe politica pesarese del PD. 

Crediamo che nessuna ragione politica possa impedirci di avere accesso alle scuole, agli ospedali, al lavoro, agli uffici pubblici ed agli uffici amministrativi più vicini. 

Noi siamo vicini alla Valmarecchia verso la quale da sempre abbiamo sviluppato nel corso della nostra esistenza la maggior parte delle attività e delle relazioni umane. 

Dove dal 1914 disponiamo dell’unico mezzo di trasporto pubblico. 

Dove avevamo l’ospedale, le scuole, l’INPS, l’INAIL, il Catasto, l’Ufficio delle Imposte, il Tribunale e tanti altri servizi assistenziali. 

A San Leo avevamo il Comando dei Carabinieri. 

Montecopiolo è in rapporto storico e in simbiosi con San Leo. 

San Leo in Valmarecchia e in Romagna. 

La politica ci ha isolati, i riferimenti spostati a Pesaro, a Urbino, a Fossombrone, a Pergola, in una sorta di accentrazione e spartizione del potere che ci ha posto in condizione di sofferenza. 

Ci preoccupano le politiche delineate e l’inconsistenza delle argomentazioni espresse della classe dirigente del Pd pesarese, la Morani, Ricci, Ceriscioli, il Presidente della provincia e da ex politici come il sig. Londei e il cavaliere Giovannetti. 

Quando si sostiene la costruzione dell’ospedale unico tra Fano e Pesaro; quando si pensa al progetto delle maxi regioni con l’unificazione dell’Umbria-Marche-Toscana; quando si parla di provincia del Ducato riferendosi ad una possibile provincia urbinate; quando si chiede uno statuto speciale per la regione; quando si presenta il decennale progetto della “Guinza” o della Fano-Grosseto come progetti capaci di risollevare le sorti del nostro destino e rispondere al nostro disagio. 

Su queste politiche noi non riusciamo a cogliere nessuna risposta coerente e adeguata ai nostri bisogni. 

L’art. 132 della nostra Costituzione ci consente di recuperare questa nostra emarginazione, di riportarla in condizioni di maggior partecipazione politica, di migliorare l’accesso ai servizi sanitari e sociali aggregandoci alle istituzioni più vicine. 

Noi lo abbiamo chiesto 12 anni fa con referendum ed è su questo risultato referendario che oggi chiediamo alle istituzioni rispetto e al Senato un voto coerente con quello già espresso alla Camera dei deputati il 12 marzo 2019”. 

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