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Al Fulgor “Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità”, un pittore consapevole della sua inattualità

Per il fine settimana Chiamamicittà,it consiglia Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità del pittore e regista Julian Schnabel, che verrà proiettato al Cinema Fulgor da venerdì a domenica, alle ore 16:30, 18:30 e 21:00.

La pellicola tratta gli ultimi anni della vita di Vincent van Gogh, interpretato da un ottimo Willem Dafoe, che grazie alla sua prova ha ottenuto la Coppa Volpi a Venezia: partendo dal suo soggiorno ad Arles con Paul Gauguin (Oscar Isaac), tra gli incantevoli scorci della Provenza e la ricerca artistica dei caldi colori del Sud, fino alla sofferta degenza in un ospedale psichiatrico a Saint-Rémy.

Dopo aver realizzato un biopic sull’iconica figura di Jean-Michel Basquiat, Julian Schnabel (regista, sceneggiatore ma anche affermato pittore negli USA) torna a confrontarsi con la storia dell’arte attraverso un’opera che mette al centro la creazione pittorica e, soprattutto, i tormenti dell’uomo al di là della sua vocazione. Un’operazione senz’altro suggestiva, che, nel tentativo di discostarsi dall’immaginario instabile e febbrile di Van Gogh, cerca di trasmettere le emozioni principalmente con la suggestione delle immagini, ricreando, grazie a una ricerca cromatica che solo un altro pittore sarebbe stato capace di perseguire, le atmosfere dei quadri più celebri del maestro olandese.

Purtroppo, soprattutto nella prima parte, il Van Gogh di Schnabel risulta troppo attento ad apparire forzatamente lucido e pacato, nell’intento programmatico di non scadere mai nella follia melodrammatica di una certa tradizione critica; la sceneggiatura, d’altra parte, appare tremendamente banale, specie riguardo ai dialoghi con Gauguin. La parola non riesce minimamente a reggere il passo dell’immagine, che fa dei colori (il giallo cromo su tutti) e della natura vista attraverso gli occhi di Van Gogh il suo punto di forza.

Nonostante queste imperdonabili lacune, il film presenta anche alcune intuizioni decisamente azzeccate, oltre a un’interpretazione del tutto personale e originale di uno degli artisti più frequentati dalla sensibilità contemporanea.

Un’opera che vuole essere quasi un’esperienza sensoriale condotta attraverso una narrazione ellittica, capace di osare in più di un frangente dal punto di vista formale. Una coerenza interna che emerge con chiarezza solo nelle battute finali, in cui riusciamo finalmente a capire qual è la cifra del Van Gogh schnabeliano, ciò che lo distingue dalle sue precedenti versioni: un Van Gogh consapevole della sua inattualità, del fatto che Dio ha voluto che nascesse in un secolo sbagliato, come se già fosse a conoscenza dall’immensa fortuna che la sua opera avrebbe ottenuto soltanto dopo la sua morte.

Edoardo Bassetti

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