Concessioni balneari: basta proroghe, ma niente aste. Avanti con il riconoscimento degli investimenti e delle professionalità. E soprattutto ampia libertà alla Regioni: di stabilire la durata delle concessioni, il loro numero per ciascun richiedente, i criteri di valutazione.
Il deputato riminese Tiziano Arlotti sta tenendo una serie di incontri con gli operatori di spiaggia e le loro organizzazioni per spiegare le linee guida sulle quali intende muoversi il governo per definire una volta per tutte la questione che si trascina da anni. Si tratta di una legge delega che dovrebbe essere approvata entro la fine dell’anno, al massimo entro l’inizio del prossimo.
Arlotti sarà venerdì pomeriggio anche al Sun di Rimini, intervenendo al convegno di Federbalneari. Sabato mattina parteciperà poi all’assemblea di Sib-Confcommercio, Fiba-Confesercenti e Oasi-Confartigianato.
Il deputato Pd sottolinea innanzi tutto la scelta dello strumento: «Fin dall’inizio avevo sostenuto – rimarca – che la legge delega era la via più indicata per arrivare a una soluzione. Abbiamo visto cosa è stato prodotto in questi anni dal Parlamento: nessuna legge, ma in compenso due proroghe brutalmente bocciate a Bruxelles».
Ma quali sono i punti del nuovo provvedimento?
Innanzi alle orecchie della Commissione europea non arriverà mai più la parola “proroga“, meno che meno per 30 o più anni. Sarà chiesto invece solo un periodo transitorio, quello necessario per attuare la riforma: «Dopo la legge delega bisognerà i saranno i decreti attuativi, poi le Regioni dovranno legiferare per istituire i bandi e i comuni predisporre gli strumenti urbanistici – spiega Arlotti – ma in ogni caso non si potrà andare oltre i cinque, sei anni. E alle Regioni e Comuni sarà dato un tempo massimo entro cui intervenire».
Punto secondo: niente aste, nessuna gara al massimo rialzo “modello Ibiza”. «Le evidenze pubbliche saranno procedure comparative con il criterio della professionalità». E cioè, la concessione non andrà a chi offre più soldi, ma a chi presenterà il progetto di “migliore utilizzazione pubblica”.
Ma con quali criteri verranno giudicate le offerte? Senza dubbio nessuno avrà un qualche diritto di prelazione, già bocciato a Bruxelles. Sarà invece valutata l’esperienza nel settore, e quindi la durata delle precedenti concessioni qualcosa vorrà dire. E peseranno gli investimenti effettuati. Inoltre, «la nuova legge vuole riconoscere il valore d’impresa – prosegue Arlotti – perciò gli operatori balneari potranno investire anche durante la fase transitoria, sapendo che verranno rimborsati se perderanno la concessione. E comunque dovrà essere l’esperienza professionale il requisito fondamentale per riottenere il titolo: per cui c’è poco da preoccuparsi». I dettagli di questi criteri di valutazione sono al momento in fase di rifinitura.
In ogni caso verrà data ampia libertà alle Regioni di fissare le regole. E se, com’è probabile, le Regioni vorranno lasciare questo compito ai Comuni, in definitiva saranno loro ad assegnare le concessioni. Alla Commissione europea starà bene? Gli estensori della legge delega sono sicuri di sì: l’Europa – è il ragionamento – chiede di definire criteri certi che mettano al riparo la libera concorrenza; non dice quale debba essere l’ente che li deve far rispettare.
Non solo. Proprio perché a Bruxelles ciò che importa è la concorrenza, svanisce uno degli spauracchi agitati dagli oppositori alla direttiva Bolkenstein: che fantomatici gruppi multinazionali possano fare un boccone delle nostre spiagge o che si vengano a creare grosse concentrazioni di imprese: «A dire la verità – confida Arlotti – io a questo rischio non ho mai creduto. Intatto perché l’Europa non vuole monopoli o posizioni predominanti, ma l’esatto contrario. E poi perché gli stessi gruppi internazionali non si vede perché dovrebbero essere interessati a subentrare a micro-imprese come le nostre e che insistono solo sulle spiagge. In Italia sono 30 mila e non comprendono mai mega-hotel o villaggi da centinaia di camere, che, quelli sì, farebbero gola ai grandi investitori».
Saranno sempre gli enti locali a stabilire la durata delle concessioni, che potranno anche essere differenti a seconda delle particolari situazioni. E potranno fissare un tetto al numero delle concessioni affidate allo stesso soggetto nella medesima Regione, sempre stando nello spirito di voler impedire posizioni dominanti.
Gli enti locali determineranno anche i canoni. Come? Di sicuro, basta con i valori Omi, mentre si introdurrà un sistema di calcolo al metro quadrato, anche per eliminare situazioni paradossali come quelle dei canoni pertinenziali.
Infine, ma non di secondaria importanza, la “clausola sociale per i lavoratori”. E cioè: se un attuale titolare di concessione la dovesse perdere, chi gli subentra sarà obbligato a a riassumere i lavoratori della stagione precedente. Evidente il vantaggio che ne deriverebbe agli operatori attuali.
Conclude Tiziano Arlotti: «L’attuale governo ha deciso di varare finalmente una legge seria, e chi non è con noi è inutile che si metta di traverso».