Tutti i sindaci delle città capoluogo firmatari delle convenzioni con il Governo Gentiloni per la riqualificazione delle periferie hanno accolto positivamente l’intesa in Conferenza Unificata tra Governo ed autonomie locali e Regioni che ripristina le risorse finanziarie cancellate dal decreto mille proroghe di luglio.
Tanti commentatori politici avevano giudicato l’intesa un successo dei Comuni e una retromarcia del Governo e della maggioranza 5 Stelle-Lega.
Leggendo i documenti ufficiali, la realtà appare meno certa e molto diversa dalla situazione pregressa. Appare più come un compromesso di non facile gestione.
Infatti il documento sottoscritto in Conferenza Unificata lascia molti dubbi e soprattutto rimanda a norme ancora da inserire in legge di bilancio. Ma vediamo gli aspetti salienti.
Il passo centrale del documento è questo: “Considerato che anche i 96 enti successivi ai primi 24 – anche dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 91 del 2018 che ha differito al 2020 l’efficacia delle relative convenzioni – possono proseguire o attivare gli interventi previsti da ciascun progetto sulla base dei cronoprogrammi approvati, eventualmente modificati secondo i criteri e le procedure di cui alle convenzioni sottoscritte, provvedendo ai relativi oneri autonomamente, anche attraverso le altre forme di finanziamento consentite dall’ordinamento e, in particolare, il Prestito riqualificazione periferie urbane da Cassa Depositi e Prestiti, destinato al pagamento delle spese concernenti l’intervento di riqualificazione rientranti nell’ambito del predetto Programma straordinario, indipendentemente dalla efficacia o meno del differimento delle convenzioni;
“CONDIVISA pertanto l’opportunità che venga prevista nella legge di bilancio per il 2019 una serie di disposizioni in base alle quali: le convenzioni in essere con i 96 enti successivi ai primi 24, beneficiari delle risorse statali per il “piano periferie” producono nuovamente effetti finanziari dal 2019; tali effetti sono limitati al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate dovranno a tal fine essere adeguate le convenzioni esistenti; le risorse relative alle economie di spesa prodotte nel corso degli interventi rimangono nel Fondo di provenienza, per essere destinate a interventi per spese di investimento dei Comuni e delle città metropolitane; le nuove disposizioni trovano copertura negli stanziamenti residui del Fondo sviluppo e coesione, con le stesse finalità; le convenzioni in essere debbono essere conseguentemente adeguate”.
In sostanza l’accordo stabilisce che non vi sarà nessuna anticipazione agli enti locali, contrariamente alla precedente convenzione: era prevista nella misura del 20%, a fronte del completamento della progettazione. Ora niente anticipazione sulla progettazione e sui lavori, ma solo un “rimborso a rendicontazione”. L’accordo dovrà avere una copertura normativa, da inserire nella legge di Bilancio, e poi dovrà essere recepito «entro un mese» nelle convenzioni già sottoscritte da ciascuno dei 120 comuni del programma. Se il recepimento dell’accordo sarà effettivamente inserito nella manovra, la scadenza per approvare le convenzioni sarà il gennaio 2019.
Insomma, non ci sono più soldi sicuri da spendere nei progetti, ma è il contrario: se ci saranno i progetti e i lavori, arriveranno anche i soldi. Questo significa che si misurerà sul campo l’effettiva volontà dei comuni di andare avanti nelle progettazioni e, soprattutto, nella successiva realizzazione delle opere.
Dal 2019, se l’accordo sarà confermato in questi termini, si applicherà la regola del “contributo a rendicontazione”, che consentirà agli enti locali di imputare il contributo che arriverà in base al cronoprogramma direttamente come una entrata. Concretamente però, i Comuni dovranno pagare la spesa con risorse proprie: avanzi di cassa o, diversamente, accendendo un mutuo o rivolgendosi alla Cassa Depositi e Prestiti.
Ma vi è un’altra incognita. Le reali risorse finanziarie disponibili. Nell’intesa si parla solo di 560 milioni di euro (i finanziamenti dei primi 24 progetti) e non del miliardo e 600 milioni per i successivi 96 progetti.
Tutto dipenderà da cosa verrà scritto in legge di bilancio 2019.