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Santarcangelo, ultimi giorni per visitare la mostra Fotografica “Opposti non complementari”

Troviamo questa piccola preziosa mostra coi suoi giovani autori a Santarcangelo per l’inaugurazione. E’ visitabile alla Biblioteca Baldini fino a sabato 13 ottobre. Due giovani fotografi, due sguardi diversi e originali che indagano l’infanzia. 

Come scrive il curatore Andrea Balzola, docente di entrambi e che ne ha colto e messo assieme i contrasti speculari, non si tratta solamente di reportage. Colta e immediata, la mostra ha già girato molti luoghi d’Italia. Alla Biblioteca di Santarcangelo è arrivata promossa dall’associazione di ostetriche “Nascita e non solo” che, senza scopo di lucro, opera in Romagna a sostegno di maternità e genitorialità, anche con occasioni pubbliche di confronto, una delle quali è appunto ispirato dalla mostra: giovedì 11 ottobre con lo psicoterapeuta Aldo Raul Becce. 

Barbara Baiocchi 36 anni, è da tempo, un giovane talento in fuga riminese, vissuta tra gli Stati Uniti, Milano e in giro per il mondo com’è richiesto dalla sua professione. Negli States entra col suo obiettivo nel mondo della vanità esasperata di madri e padri nei concorsi di bellezza dei bambini, e inevitabilmente si chiede “questi bambini sono ancora bambini?”Jean-Claude vive stabilmente a Beirut e ha incontrato la vita dei bambini siriani nei campi profughi libanesi, l’interrogativo che egli pone è: “questi bambini potranno ancora essere bambini?”.

In mostra scatti oggettivi e rigorosi di entrambi, uno di fronte all’altro, immediati e autentici, lasciano senza parole: di Barbara Baiocchi a colori sulle bambine trasformate in bambole, in bianco e nero quelli di Jean Claude Claude Chincherè sulle giovani vittime della guerra siriana ora nei campi profughi libanesi.

Jean-Claude Chincheré  25 anni, dalla Valle d’Aosta, vivi e lavori a Beirut. Cosa ti ha colpito di questi bambini?

I bambini ovunque sono bambini, anche tra le montagne siriane o i campi profughi del Libano, con la famiglia dimezzata e in mezzo al nulla. Hanno lasciato la propria casa e tutto in macerie… eppure giocano con qualsiasi cosa, una ruota, una bambola di stracci. Anche se i loro traumi resteranno a lungo. Sono tornato di recente da Sabra e Shatila, alla periferia di Beirut per ritrovare, ora, tanti anni dopo, i sopravvissuti al massacro condannato dall’Onu come Atto di Genocidio. Era settembre 1982, le milizie cristiano-falangiste hanno ucciso circa 3.000 profughi palestinesi. Oggi è un luogo desolante e inospitale, anche se non più di baracche ma con quartieri di palazzoni autogovernati, dove neppure i militari palestinesi si azzardano a mettere piede. E poiché era nato con capanne di lamiere, così come ora sono i campi profughi siriani, mi fa paura pensare al futuro dei bambini siriani ed è il motivo che mi ha spinto a fermare con l’obiettivo le espressioni dei sopravvissuti oramai adulti di Sabra e Shatila.

I tuoi Claude sono tutti ritratti intensi, ravvicinati.

Per me è molto importante che si crei un’empatia tra la persona fotografata e me… resto dunque a non più di 25 cm da loro e spesso non uso la didascalia, ma solamente il titolo del soggetto generale, in questo ultimo caso di cui ti ho parlato e che è quasi una prosecuzione di questa esposta, è: “I sopravvissuti di Sabra e Chatila”. E poiché gli occhi devono parlare da soli, ritraggo senza zoom e teleobiettivi che usano i miei colleghi stando lontani, a volte non visti”.

Barbara sei laureata in psicologia, cosa ha contato in questo lavoro?

Quando la passione per la fotografia ha preso il sopravvento è iniziata la mia vera e propria carriera professionale. Non credo che sia stato casuale che nel 2009 abbia incontrato sulla mia strada i concorsi di bellezza dei bambini: 25.000 passerelle sparse per tutti gli stati americani, simili a quelli dei cani, genitori ambiziosi che presentano i propri figli agghindati, e persino dopati, come bambolotti kitsch. E poiché io trovo il kitsch attraente e repellente nello stato modo, ne sono rimasta affascinata: vedo qualcosa di estetico e anche di estremo. La mia formazione è stata determinante, credo, per darne una lettura che arriva comunque spontanea. Questi bambini non vivono la loro età, sono costretti a esibirsi, costruiti all’inverosimile. E mi hanno lasciato un ricordo molto forte. In particolare Laila, della quale ho visto anche la stanza, a casa sua. Non abbiamo quasi parlato, non ce n’era bisogno, lo fa l’obiettivo. Lei mi ha voluto comunicare la sua profonda tristezza, infatti una delle foto in mostra ne immortala lo sguardo perso nel vuoto, davanti a una finestra.

E Rimini, come la trovi, cosa è stata, cosa ti lascia? La fotografi?

L’anno scorso mi sono dedicata alla mia terra, concentrandomi sul mondo dei balli folk. Con ritratti posati, seriali. E io sono tornata alle mie origini, il che non mi dispiace affatto. Come molti di noi, nonostante viva a Milano e viaggi molto, resto molto legata al mio territorio… Nel reportage per “balere” avrei voluto restare più distaccata, asettica, tenendomi non troppo vicina ai soggetti, ma poi sono stata coinvolta dalla loro spontaneità e naturalezza… che ci caratterizza, no? Mi piacerebbe potere rendere questo progetto concreto, qui a Rimini. Ogni volta che torno, trovo Rimini cambiata. Penso ci sia ancora quello stereotipo da parco giochi e divertimento di sempre, col contrappasso che preferisco quando però la città si svuota. Tuttavia l’immagine del parco di attrazioni ha influenzato il mio modo di vedere le cose e nella mia fotografia è implicito questo aspetto del divertimento esasperato, non sano. Nel 2012 ho fatto un reportage sui luna park e i luoghi di divertimento tra Rimini, Riccione, Milano, sempre ritraendo le persone nelle situazioni dove lavorano, confuse tra gli oggetti scenografici. Tra i miei reportage è uno di quelli che mi sta molto a cuore e che sento più vicino… avrebbero potuto essere gaio, invece l’aspetto umano di vuoto profondo e grande solitudine è il più marcato.

Pensi di poter tornare a vivere a Rimini?

Questa mia scelta professionale e stilistica non sempre è lavoro (ndr. nel significato di retribuito), ho molte idee e anche altri impegni. Faccio video e grafica. Che cerco di conciliare con la mia personale ricerca creativa. Mi auguro, anche per la mia famiglia, molto radicata a Rimini, che prima o poi le mie strade… chissà… mi ci riconducano.

La mostra è a ingresso libero in orari della biblioteca.

Nell’ambito della Mostra giovedì 11 ottobre “L’infanzia negata: riflessioni sull’amore e sulla guerra”. Incontro con Aldo Raul Becce, psicoterapeuta. Promosso da “Nascita e non solo” a.p.s. Ore 21.00, Biblioteca Baldini, Santarcangelo

E’ possibile prenotare visite guidate alla segreteria 0541/356299, email: biblioteca@comune.santarcangelo.rn.it

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