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Intervista / Andrea ORLANDO a Rimini. Congresso Pd:”La discussione mi sembra sia surreale”

Era già decisa, ma per tre volte, l’ho lasciato respirare, assediato com’era. Finché, quasi all’ultimo minuto, con Nicola Zingaretti già in sala per l’ultima tirata dei Dems, mi concede un “testa a testa” in galleria al Fulgor.

Io: Andrea Orlando, sei a Rimini da tre giorni, ma hai mai visto il mare? Lui: No, mai. Sono sempre stato chiuso a lavorare, al Fulgor, nel vostro Centro Storico, con le tante persone che ho incontrato. E poi sai che vengo da La Spezia. Io: Si ma voi siete un porto. Lui: Dimentichi che abbiamo le Cinque Terre.Io: Sì giusto, bell’argomento. Questo l’esordio, un po’ campanilista dell’intervista, la settimana scorsa, a chiusura delle giornate di incontro della più corposa corrente del Pd che si contrappone a Renzi e alla sua molto prossima kermesse, la Leopolda su Firenze. 

E allora confermo l’opinione espressa a caldo su Chiamamicitta.it subito dopo l’apertura dei lavori di Emma Petitti e Andrea Gnassi dal palco del Fulgor, lo scorso venerdì… comunicata anche dalla sua immagine (ri-lookata), Andrea Orlando, seppure apparentemente disinteressato a rivalse e protagonismi individuali, trasmette ora energia nuova e piglio deciso.

Voglio iniziare con una domanda che poco fa mi ha chiesto di farti un imprenditore riminese, nostro sostenitore, di sinistra e mecenate. Dato che il Governo Gentiloni, con Calenda, Padoan etc. si era comportato bene e aveva raccolto un certo gradimento, perché anche per un minimo di continuità, non coglierne l’opportunità in un comitato che potesse gestire il Pd in questa fase?

La domanda andrebbe fatta al segretario dell’epoca. Seppure sappia creare impresa e dia occupazione, per cui gli siamo grati, dico però anche umilmente che se il nostro gradimento deve avvenire solamente tra gli industriali non andiamo lontano… vorremmo riuscire a prendere voti, perché le rappresentiamo nei fatti, anche dalle persone alle quali lui dà lavoro.  

Sei stato Ministro dell’Ambiente e della Giustizia, sei a capo della corrente contrapposta a Renzi, ti senti più uomo di partito o di governo?

Entrambi. Ho sempre cercato di essere un uomo di partito con una prospettiva di governo. Non vedo contraddizione. Da ministro di Giustizia ho portato avanti le scelte politiche su cui avevo lavorato in qualità di responsabile Giustizia del partito. Vedo le due cose come due facce della stessa medaglia, non essendo per me separate, e forse neppure separabili. La mia formazione culturale e politica la devo al mio partito, di provenienza e appartenenza. Metto a frutto ciò che ho imparato.

Parliamo di Giustizia, appunto. Molti tra noi formati ai diritti civili coi quali hai collaborato nel corso del tuo ministero, ti rimproverano di non aver portato a termine la riforma carceraria, grazie alla quale i due bambini uccisi dalla madre, per fare il tragico esempio di questi giorni, non sarebbero stati in carcere… perché?

Semplice. Non l’ho portata al voto perché il mio partito non mi ha sostenuto ed io ero in minoranza. Gentiloni e Minniti si sono opposti. Prima delle elezioni tra la maggioranza dei parlamentari e nel Pd, il clima era quello di adeguarsi alla richiesta di polso fermo: per la sicurezza uguale a più repressione, dunque anche più carcere comunque. Non è stata capita e sarebbe stata strumentalizzata perché mal interpretata: non come umanizzazione e prevenzione delle recidive, ma tenere il carcere in modalità solamente punitiva e spesso disumana, mentre la mia riforma lo pensava concretamente rieducativo per il reinserimento sociale. Nonostante questo sacrificio, ed altro, però i voti li abbiamo persi ugualmente. A proposito di uomo di partito, allora ti dico che avrei potuto denunciarlo pubblicamente, invece non ho voluto sollevare il caso alla vigilia delle elezioni, sparando contro il mio partito. Io ho sbagliato a fidarmi di un’approvazione successiva alle elezioni (ndr, finché ancora il nuovo governo non si fosse insediato?) poiché l’impegno era stato quello che dopo le elezioni sarebbe stata approvata. Sul punto dei bambini in carcere la mia riforma sarebbe stata tranchant. Avrebbe risolto il problema definitivamente. Questo però non significa che ora non si possa fare una battaglia perché almeno quella norma possa essere salvata.

Nella tua introduzione dal palco non hai parlato di questi temi, ma hai detto che non è il centrismo che ci salverà… sarà che questi sono argomenti troppo di sinistra anche per la tua idea di sinistra?

Non ne ho parlato perché non me lo hanno chiesto. Questi sono argomenti di civiltà, credo anzi sia proprio questo il terreno d’incontro naturale tra cultura progressista di sinistra e cultura liberale su cui possiamo avanzare insieme. Come per l’Europa. Mentre i punti di distinzione sono altri. Penso a due approcci culturali che non siano inquinati dal giustizialismo, cosa che purtroppo è avvenuta per entrambe nel nostro paese.

E anche Ministro dell’Ambiente, in precedenza. Appunto Rimini come La Spezia, non è solamente una città sul mare, ma che vive in ogni suo più pieno significato “di mare”. Alcuni di noi, dentro e fuori il Pd, si stanno impegnando per la sostenibilità e contro la plastica in mare, pur trovando qualche resistenza nel partito…

E fate bene a farlo. Ecco bravi, non solo ambiente, ma sostenibilità: della terra, del futuro degli esseri viventi. Per questo la redistribuzione delle risorse, e il rispetto della natura, sono passi essenziali che il nostro partito dovrebbe fare con maggiore decisione, ne abbiamo le competenze e le capacità. La plastica è una dei grandi problemi che ci affligge e il mare è una risorsa preziosa e delicata. Il partito, in tutte le sue diramazioni, dovrebbe darvi seriamente una mano. E stare unito su dei capisaldi che ora riguardano la sostenibilità, il futuro prossimo venturo: il grande tema politico decisivo di questi anni per ridisegnare lo sviluppo. L’economia circolare è fonte di nuove ricerche e di nuove occupazioni che sapranno migliorare il mondo, aiutandoci a capire che non dobbiamo continuare a viverlo consumando risorse non rinnovabili e inquinanti, distruggendo gran parte delle aree verdi della terra. Si tratta di enunciati scientifici e dimostrazioni certe, per cui non mi spiego la tanta fatica della politica a compiere le scelte opportune e conseguenti.

Ora non vince chi sa governare meglio, ma chi dà la percezione di cambiamento, ci ha detto Nadia Urbinati. Tu dici che Dems deve far presto a organizzarsi ovunque… significa che non credi che il buongoverno della sinistra sarà di nuovo premiato? Varrà anche per la nostra Regione che Ignazi e altri osservatori considerano già padanizzata?

Dobbiamo andare alla radice. Non basta il buon governo, vero. Neppure in Emilia-Romagna dove abbiamo governato certamente bene, ma nonostante ciò… è segnata dalla crisi della cooperazione ed altro, ne è appunto un esempio emblematico. Cito da Lenin: la rivoluzione è quando le classi dominanti non possono governare come prima e la classi subalterne non vogliono farsi governare come prima. Lenin direbbe che vince chi sa incarnare meglio la domanda di cambiamento. Ed è una frase che Steve Bennon, ex stratega della Casa Bianca, cita spesso. Siamo in questa fase.

Il congresso non si sa ancora quando si farà. Un renziano di ferro come Roberto Giachetti è in sciopero della fame perché vorrebbe fosse il prima possibile, un altro, il presidente Matteo Orfini lo considera inutile e vuol sciogliere il partito, Calenda invita a cena gli ex presidenti del consiglio e dice di andare oltre il Pd, tu hai detto di farlo in due fasi… ma come siamo messi?

Male. Molto. La discussione mi sembra sia surreale. Vorrei evitare che il Congresso si riducesse a una dislocazione di organigramma, ma fosse un Congresso di contenuti. Dopodiché il problema fondamentale è che dovremmo dare una risposta a una domanda abbastanza semplice: se è questo il migliore dei mondi possibile, oppure no… Se riteniamo che lo sia, continuiamo sulla strada indicata da Renzi, provando a correggere un po’ l’assetto al capitalismo, altrimenti mettiamo in discussione le basi strutturali.

In che modo: sciogliendo il Pd, cambiando nome, rifondandolo? O mantenendo questa alta e onnicomprensiva denominazione di “democratico”?

Ha più senso di prima questa domanda. Certo che sì. Quando gli abbiamo dato questa aggettivazione non avremmo mai immaginato ci sarebbe trovati in una fase storica e politica del genere. E va mantenuto.

Tu, voi siete a Rimini grazie al fatto che Emma Petitti è la responsabile della tua corrente. Emma si è riconosciuta nella definizione di “uoma di partito” che le ho dato in un dialogo alla Festa dell’Unità, tra lei Calvano e Ignazi. Nel Pd le donne che davvero hanno potere indipendente (per loro valore intrinseco, non per benevolenza del leader) sono rare, e lei è una di queste. Ha passato tutte le cariche più significative sia dentro il partito che nei ruoli amministrativi, ora è in Regione E-R… detto tutto questo, pare anche però che sia l’unica che possa salvare in occasioni critiche gli equilibrismo interni locali e nazionali… e forse dovrebbe essere anche la prossima candidata a sindaco di Rimini per vincere, ce la lascerai?

Sì tutto vero, ma io ovviamente non voglio e non posso entrare nelle questioni riminesi… Emma non è solo una risorsa locale, è anche un quadro dirigente nazionale di assoluto livello. Una delle menti più brillante e capaci che in questo momento ci sono nel nostro partito. E non ne faremo a meno.

Ci sarai alla manifestazione del 30 settembre a Roma? Quale sarà il significato vero di questa “Italia che non ha paura”: di opposizione al governo, senza risolvere nulla dei conflitti interni, o un tentativo di rinsaldare i contenuti di diritti umani e accoglienza, l’identità comune che nel Pd non è più esattamente così salda?

Il 30 settembre è un appuntamento fondamentale, oggi ho visto l’ordine del giorno e dubito però che si privilegi l’ultima che hai detto. Che io desidererei. E’ certamente vero che dobbiamo distinguerci da questo governo, ma dobbiamo fare anche presto la nostra di rivoluzione.

Non sarebbe rivoluzionario se tu e gli altri capicorrente… uno di quei tratti ereditari che Nadia Urbinati sostiene il Pd abbia ereditato soprattutto da uno dei genitori, la Dc… se salendo su quel palco domenica a Roma o dopo al Congresso, dichiaraste: “Cari amici e compagni, abbiamo siglato un patto ideale: annunciamo ufficialmente sciolte, non il partito, ma le correnti.”

Vogliamo giocare a questo gioco, io lo conosco e lo so fare. Lo aveva fatto Stalin. Le correnti si sciolgono se si risolvono le contraddizioni che sono frutto di divisioni di idee al cospetto di problemi fondamentali. Bisogna sciogliere i nodi che dividono, non le correnti che non è possibile sciogliere per decreto. L’unico partito che aveva provato a farlo è stato il Partito Comunista Italiano. Se vogliamo andare per quella strada, io sono allenato e ci possiamo tornare. Però questo significherebbe anche reintrodurre il dogma della centralità della classe operaia e della dittatura del proletariato. Si tenevano tutte insieme queste incrostazioni. E non so sei sia il caso. L’alternativa è la costituente della sinistra. Se ce la fa il Pd, bene, altrimenti lo farà qualcun altro. Quando le due culture che abbiamo messo insieme non sono più in grado di starci, dobbiamo prenderne atto e separarci. E noi dobbiamo essere soggetti politici che promuovono una Costituente della sinistra, pronti con le nostre proposte, organizzate (ndr. di cui abbiamo già parlato nella sintesi della sua intervista introduttiva).

sdr

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