L’avvocato Enrico Gorini non demorde nella sua guerra contro il Publiphono. «Il 6/9/18 – scrive il legale a nome del “comitato No spam sonoro in spiaggia” – abbiamo denunciato alla Regione Emilia-Romagna un paradosso: lo “spam sonoro” (ovvero la reclame strillata da altoparlante) è vietato in tutte le aree pubbliche del comune di Rimini …. tranne che in spiaggia! L’agenzia pubblicitaria che ha “acquistato” il diritto di spammare i turisti da altoparlante è, come noto, Publiphono s.r.l.: 80 min al giorno di ineludibili consigli per gli acquisti (40 min. prima e 40 min dopo i pasti)».
«“Non se ne può più!!!”. “E’ fuori tempo massimo!!!”. “Bastaaa !!!”: queste alcune delle frasi più frequenti che si sentono fra i firmatari dell’istanza alla Regione, presso lo studio riminese che tempo fa scelse di tutelare il “paesaggio sonoro”».
«Del caso – prosegue la nota di Gorini – si è interessata anche la trasmissione di RAI 2 “Caterpillar” (9/6/18). Publiphono s.r.l., agenzia pubblicitaria di due soci (fra cui Ugo De Donato, figlio del fondatore), dal 1947 ha acquisito dalla Capitaneria di Porto il diritto di disturbare i bagnanti con messaggistica pubblicitaria, in cambio di qualche annuncio di pubblica utilità (“abbiamo smarrito un bambino con il costume rosso”; “ammainare la bandiera bianca, issare la bandiera rossa”). La concessione è rimasta blindata fino ad oggi, anche dopo il cambio della guardia fra Capitaneria e Regione».
L’avvocato Gorini ha ora depositato un’istanza alla Regione Emilia-Romagna (e per conoscenza al Comune), invitando a «valutare il fenomeno dal punto di vista della qualità turistica».
A sostegno, solleva quattro questioni di legittimità.
«Illegittimità amministrativa dello spam sonoro in aree di alto pregio ambientale e turistico
a) Non esiste alcun atto normativo che facoltizzi i privati a fare (o l’ente pubblico a concedere) pubblicità sonora in area pubblica; non esiste un atto amministrativo che contenga un’esplicita autorizzazione all’emissione sonora. Esiste solo una concessione regionale di uso del suolo per pali di cemento tipo torsello (n.112 pali per cui viene pagato un canone onnicomprensivo di € 515.20), ed esistono due “ordinanze balneari”, della regione e del comune, ma nessuna esplicita autorizzazione di spam sonoro. Probabilmente non è neppure “autorizzabile”, in assoluto, l’inquinamento pubblicitario su beni di rilevanza paesaggistica (L. art.142 c.1 lett.a) del d.lgs.42/04).
b) La scelta di consentire lo spam pubblicitario in spiaggia (scelta spiccatamente politica in quanto incidente sulla qualità ambientale di un bene pubblico) è stata presa, formalmente, dal funzionario regionale, senza alcuna decisione collegiale a monte. Le ordinanze balneari hanno natura normativo-regolamentare e nessun funzionario può esercitare tale potere in assenza di direttive vincolanti.
c) La concessione di pali di Publiphono non può giovarsi delle proroghe legislative concesse dallo Stato italiano ai bagnini (peraltro contestate dalla UE); i bagnini infatti possono invocare giustificazioni socio-economiche (protezione dell’investimento, tutela dell’impresa famigliare) che nel caso di Publiphono, agenzia pubblicitaria, mancano completamente. Di fatto Publiphono è mimetizzata fra i concessionari di spiaggia, con un regime di favore pensato per un’altra categoria di interessati.
d) Se spam sonoro deve essere, almeno sia in condizioni di concorrenzialità. Si faccia un bando pubblico e si venda lo spazio sonoro della spiaggia al miglior offerente! La mancanza di gara pubblica è un vulnus all’ordinamento sia italiano sia europeo».
Inoltre l’avvocato denuncia un «“Costo turistico” da inquinamento sonoro».
«Qui c’è in gioco – spiega – la visione che abbiamo sul turismo. Il paese della grande bellezza non può permettersi di svilire una spiaggia di levatura internazionale con tecniche pubblicitarie da supermercato. Certamente Rimini non è Tahiti, ma questo non significa che un paesaggio di alta qualità turistica possa essere degradato a spazio commerciale, e che ci si debba arrendere alla petulanza reclamistica dell’audiofono (“scarpe a 29.90”; “pesce buono a soli 12 euro”): petulanza non meno fastidiosa di certi ambulanti abusivi (questi almeno, se invitati, smettono; Publiphono, no!)».
«Questa “intrusione pubblicitaria ad ascolto obbligato” è irrispettosa delle persone che si recano in spiaggia in cerca di uno spazio gradevole, spazio che ha sonorità sue proprie: onde del mare, bambini, chiacchiericcio, gabbiani, e (eventualmente) musica; fra l’altro il rumore pubblicitario va spesso a sovrapporsi alla stessa musica offerta dagli operatori di spiaggia, confliggendo e creando una cacofonia insopportabile. E’ scontato che, durante i 40+40 minuti di Publiphono, è impossibile un’esperienza di tipo immersivo come la lettura: e poi ci si lamenta che in Italia si legge poco!».
«Se a Rimini si è creata una notevole “rassegnazione” non è certo, come oggi insinuato dalla lobby pubblicitaria, perché esso rappresenti “una bella tradizione locale” (?!!!), ma semplicemente per un fenomeno di adattamento/assuefazione, perché i riminesi, con lo spam pubblicitario in spiaggia hanno convissuto sin da piccoli, e per loro è un rumore “neutro” di sottofondo tanto quanto il traffico».
«Inoltre, non è molto intelligente investire risorse pubbliche per attirare turisti strappandoli ad un’agguerrita concorrenza internazionale, e poi, una volta attirati, triturarli con l’ascolto obbligato della pubblicità!».
«La soluzione è molto semplice: il servizio pubblico degli “annunci utili”, ovvero il trovabimbi e gli ordini di servizio, va pagato direttamente, e non surrettiziamente, svendendo lo spazio sonoro agli inserzionisti. Lo stesso Ugo De Donato d’altronde ha dichiarato “Se qualcuno è disposto a pagarci il servizio che forniamo, sono disponibile a rinunciare alla pubblicità già da domani mattina”1. Meglio di così!».
«Insomma – profetizza Enrico Gorini – non c’è nessun destino ineluttabile, e il 2019 sarà probabilmente la prima estate spam-free».