Marco Affronte. Laureato in Scienze Naturali a Bologna nel 1992, vive a Rimini dove è nato nel 1965, sposato con tre figli. Dal 1997 al 2011 è responsabile scientifico di Fondazione Cetacea. Per la Provincia di Rimini dal 2004 è direttore scientifico di Adria-Watch progetto internazionale triennale. Dal 2012 svolge attività di divulgazione scientifica da libero professionista: numerose le collaborazioni giornalistiche e le pubblicazioni sul mare. E’ membro del CERT (Cetacean stranding Emergency Response Team) l’istituito dal Ministero dell’Ambiente presso l’Università degli Studi di Padova. Nel 2014 con 18.451 preferenze viene eletto al Parlamento Europeo per il Movimento 5Stelle che aderisce al gruppo EFDD insieme ad altri partiti della destra euroscettica. Nel gennaio 2017 lascia il Movimento 5 Stelle e aderisce al gruppo Verdi e Alleanza Libera l’Europa.
Tu Marco ti definisci “ambientalista prestato alla politica” ed io ti intervisto oggi sabato 15 Settembre per consacrare il World Cleanup Day 2018… definito una potente “onda verde” dal Giappone alle Hawaii: una grande azione civica positiva, in cui i cittadini di 150 paesi intraprendono azioni positive insieme lo stesso giorno. E sei anche reduce da una settimana a Bruxelles impegnata ad assumere decisioni politiche, con due richiami indicativi: all’Ungheria sui diritti civili e ai padroni del web sul copyright… un mix interessante. Trovi tutto ciò vada in una direzione che ti rappresenta? E se dovessi darti delle priorità, anche in riferimento alle prossime elezioni europee di maggio 2019…?
L’Europa è un insieme di tecnicalità e politica e la settimana appena trascorsa è stata un esempio lampante. Certo io vengo da una formazione più scientifica che politica e la mia priorità è la sostenibilità oggi per il futuro… l’economia circolare e il rispetto della natura, se ci sbrighiamo. Con una forte inversione di tendenza sui consumi, quelli che derivano dai fossili e le energie non rinnovabili in particolare e che determinano i cambiamenti climatici. E’ questa la priorità che dovrebbe essere comune. Io ne ho la competenza professionale e una passione personale, e sinceramente non so quale delle due sia nata prima. L’interesse autentico che mi ha portato qui è anche la ragione per cui sono tra i fondatori del Comitato Basta Plastica in Mare, aps, l’associazione con la quale a Rimini stiamo facendo cose concrete per amore del nostro mare. Il mare e Rimini, un obiettivo e un binomio inscindibile su cui lavorare tutti insieme. Sì è stata una settimana molto impegnativa che ti racconterò. E sabato scorso ero a Roma per una riunione nazionale con i verdi dei vari movimenti.
Andiamo per ordine cosa ti ha portato a candidarti coi 5 Stelle prima, e ad uscirne poi?
Una fiducia sincera. Nella capacità di rinnovamento, senza frapporre interessi personali a quelli comuni. Vedevo la sinistra in difficoltà nelle relazioni coi cittadini. L’ostilità delle persone verso le modalità con cui si imponeva la politica stava già rendendo le barriere divisorie con la realtà quotidiana sempre più evidenti. Il movimento invece era soprattutto attento e impegnato su ciò che a me interessa maggiormente, evitando i vizi della politica politicante…almeno così allora mi/ci sembrava. Tutto ciò che preserva la natura, indicando le scelte che s’intendeva sarebbero diventate le direzioni politiche verso le quali incamminarci. Poi è successo altro.
Cosa è successo? Perché e quando te ne sei andato?
Era una progressiva escalation di mancanza di democrazia interna, tuttavia c’è stato un momento specifico in cui ho deciso: immediatamente e senza esitazioni. Una bella domenica del gennaio 2017 al risveglio leggo sul web che in Parlamento Europeo noi 5 Stelle avevamo cambiato gruppo (a nostra totale insaputa)… cosa che poi non è successa per i noti motivi, ma non è questo il problema. Il disagio di ritrovarmi eterodiretto ha preso il sopravvento con chiarezza e anche a dire la verità l’eccesso di ostilità nei confronti della sinistra, verso la quale in effetti io non mi sentivo “nemico”. Il movimento in realtà era del tutto incapace di esercitare una dialettica e un confronto utile al Paese così come noi eletti dovremmo fare, poiché lo rappresentiamo. E in questo atteggiamento, sempre contro, io non mi riconosco.
Raccontaci la tua settimana a Strasburgo.
In Assemblea plenaria abbiamo preso due importanti decisioni: molto soddisfacente e interessante l’esito della battaglia della nostra amica verde Judith Sargentini, relatrice dell’atto di accusa a Viktor Orban. Olandese e pacifista, ha fatto da relatrice all’atto di accusa che ha dato il via alle sanzioni contro l’Ungheria. Se l’Ungheria fosse stata fuori dall’Europa e avesse chiesto di entrare, ora le sarebbe giustamente negato, ne sono certo. Dunque era necessario prendere dei provvedimenti, che spero servano. Un impegno politico che il Parlamento ha saputo prendere sul rispetto delle libertà e dei diritti civili. Un segnale molto forte dell’Europa che difende i suoi valori.
E sul copyright hai invece votato col Gruppo di destra e i 5 Stelle? Le pressioni delle potenti lobby dei giganti, padroni di internet, hanno avuto peso?
Ho votato contro, sì. Mentre l’Assemblea a maggioranza ha messo dei paletti, ma il percorso è ancora lungo. La direttiva sul copyright è stata pensata allo scopo di aggiornare le regole sul diritto d’autore nell’Unione Europea ferme al 2001, quando le cose su Internet funzionavano diversamente, per armonizzare le leggi sul copyright nei singoli stati. Abbiamo ricevuto tutti un sacco di pressioni, mail, incontri, telefonate: il lobbismo in Europa si fa molto sentire ma non va demonizzato. Bisogna prenderne atto, come dovrebbe fare l’Italia. Esiste, dunque meglio poterlo riconoscere e regolamentare. Il più delle volte ci serve per informarci anche dai movimenti associativi di cittadini, quando è legale e trasparente non è negativo. Gli stakeholder, i portatori d’interesse, sono coloro i quali influenzano anche le decisioni dei singoli deputati… so che a te in particolare interessa il peso che possono avere i rappresentanti dei mitilicoltori (ndr. Giuseppe Prioli per es. biologo di Cattolica) poi ne parleremo. Dunque tra me indipendente e nel mio gruppo c’è stata a discussione e le opinioni sono varie. Infine come Verdi e Alleanza Europea delle Libertà si è votato in maniera diversa: è sacrosanto il diritto di chi produce contenuti di veder riconosciuto il proprio lavoro, ma abbiamo paura vengano limitate le libertà individuali e di condivisione di notizie e dell’informazione libera.
Tu dici che il percorso è di qualche mese perché?
Sì vorrei sfatare un luogo comune di chi pensa che l’Europa sia un ammasso di burocrati… o che si limiti a determinare la misura delle vongole. “Il trilogo” è la discussione a tre. Con un percorso di qualche mese: Parlamento, Consiglio e Commissione europea. Le tre teste. Il Consiglio rappresenta gli stati membri, i ministri di ogni tematica per i singoli stati. La Commissione europea è nominata dai singoli governi, per noi attualmente è la Mongherini. Poi il Parlamento con gli eletti dei differenti partiti. Le decisioni sono prese dalla condivisione di questi tre passaggi. Sul copyright vi sarà una condivisione dei tre organi, in assemblea plenaria, quindi ne riparleremo. Lavoro tecnico e lavoro politico.
Sei in due Commissioni Ambiente e Pesca, cosa state facendo a questo proposito? Raccontaci come siete organizzati. Trovi che sia utile, nella realtà dei Paesi membri ciò che fate?
Esempio: di recente un mio report sulla pesca e l’ambiente marino in Mediterraneo è stato ripreso dalla Commissione Europea perché in Mediterraneo c’è una situazione molto particolare e critica, essendo un mare pressoché chiuso. Plastica e forte riduzione del pescato, innalzamento della temperatura delle acque e specie tropicali infestanti in aumento. Ora sto lavorando sull’Adriatico. Sai che per le vongole, prima citate, riducendo la loro pesca nei limiti di 22 mm, ha significato dare loro il tempo di riprodursi, risollevando con riscontri positivi la situazione lavorativa del settore.
Tu sei stato tra i fondatori dell’associazione partita da Rimini che vuol contaminare nel concreto le coste italiane: Basta Plastica in Mare, Comitato di Rimini.
L’acquacoltura, la mitilicoltura è in forte espansione. Dobbiamo regolamentarla meglio con più severità. La dispersione delle calze di plastica deve finire. La normativa della pesca dal 2009, dal trattato di Lisbona dà la competenza esclusiva dell’Europa su ciò che riguarda ciò che per la fauna acquatica e che avviene in mare. E aspettiamoci un ulteriore sviluppo. Anche perché sulla direttiva della plastica monouso abbiamo inserito un’opinione della Commissione Pesca che riguarda giustappunto il materiale disperso in mare dai pescatori. E’ un richiamo un po’ blando, sta a noi ambientalisti e “gente di mare” farlo diventare significativo. So che il Centro di Ricerche Marine di Cesenatico ci sta lavorando e mi dicono siano in sperimentazione reti/calze biodegradabili. Approfondiremo insieme.
Come vedi il tuo futuro? E’ vero che state rimettendo insieme il movimento ecologista?
La storia dei Verdi italiani è una storia lunghissima di 30 anni. Anche un po’ accidentata. Sì mi piacerebbe rivitalizzare il movimento ecologista in Italia. Come ti ho detto ci stiamo parlando. Con altri amici ambientalisti vorremmo renderla più simile all’identità dei Verdi europei. E’ un lavoro che sto facendo da più di un anno e vorremmo un partito transnazionale, declinato sui vari paesi. Per un’ecologia su ogni aspetto della crescita e dello sviluppo e un’evoluzione il più possibile sana, di sostenibilità del nostro mondo.