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La Commissione Europea: “le concessioni demaniali debbono essere messe a gara”

Era il 18 aprile 2018 quando in un convegno, a Roma, organizzato da un sindacato di base dei balneari, l’autore della direttiva europea che porta il suo nome, Frits Bolkestein, prende la parola e dichiara “…le concessioni balneari sono beni e non servizi”.

Questa affermazione significa che non vi è nessun obbligo di attivare procedure di evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni balneari. In definitiva si poteva ritornare al passato, con il diritto perenne di concessione ad un unico affidatario.

Su queste affermazioni di Bolkestein numerose le dichiarazioni di “giubilo” da parte di esponenti politici, sindacati dei balneari e consulenti legali da sempre sostenitori delle spiagge fuori dalla direttiva servizi o Bolkestein.

A fronte di queste affermazioni del padre della direttiva servizi il gruppo del Pd al parlamento europea ha rivolto una interrogazione alla Commissione Europea in data 23 aprile 2018.
Questa l’interrogazione dell’eurogruppo del Pd con primo firmatario Andrea Cozzolino.

L’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE sembra vietare il rilascio di concessioni di durata «illimitata» e il rinnovo automatico.
Dal 2009 sono stati compiuti atti nei confronti dell’Italia, sulla peculiare vicenda delle concessioni balneari, che hanno determinato una pronuncia della Corte di giustizia europea (cause riunite C-458/14 e C-67/15);
Detta pronuncia non è entrata nel merito di alcune questione irrisolte, demandando alle autorità degli Stati membri l’individuazione dei meccanismi per garantire soluzioni a tutela del «legittimo affidamento», oppure per valutare la presenza di «risorse naturali scarse», e ha altresì riconosciuto che le concessioni demaniali rientrano nel novero delle «concessioni di servizio».
Invero, Frits Bolkestein ha contraddetto questa affermazione, asserendo che «le concessioni balneari non sono servizi ma beni, e quindi la direttiva non va applicata». Detta affermazione ha prodotto nuove e legittime attese negli operatori, smentendo quanto già detto e sentenziato e inficiando il dialogo in corso tra autorità nazionali ed europee.
Ciò premesso, può la Commissione far sapere se non ritenga opportuno esprimersi attraverso una nota ufficiale, sia chiarendo la natura delle dichiarazioni e dell’interpretazione fornita dall’ex Commissario, sia esplicitando se eventuali norme nazionali in linea con tale interpretazione possano dare luogo a una riapertura della procedura di infrazione?

Analoga interrogazione ha fatto il 20 aprile 2018 Angelo Ciocca euro deputato della Lega:

L’ex Commissario europeo per il Mercato Interno, la Tassazione e l’Unione Doganale Frits Bolkestein, firmatario dell’omonima direttiva, ha dichiarato che la stessa non debba essere applicata alle concessioni balneari in quanto trattasi di beni e non di servizi.
Questa dichiarazione, avvenuta negli scorsi giorni durante un convegno in Italia, si pone in contrasto con la sentenza del 2016 della Corte di Giustizia UE che stabiliva al contrario come le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri prorogate in modo automatico, impediscano di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei potenziali candidati in contrasto con la direttiva stessa.
Tale direttiva europea sui servizi è entrata in vigore nel 2006 ed il recepimento in Italia è stato oggetto di molteplici proroghe anche in considerazione delle criticità relative alle 30 000 concessioni esistenti che ricadono in prevalenza sull’attività lavorativa di piccole e medie imprese.
Alla luce di quanto precede, può la Commissione rispondere al seguente quesito:
Può riferire in modo inequivocabile se la direttiva Bolkestein è applicabile o meno alle concessioni balneari?

Ad entrambe le interrogazione ha risposto Elżbieta Bieńkowska a nome della Commissione (6.7.2018) nello stesso modo :
“La competenza esclusiva della Corte di giustizia dell’UE è decidere in merito alla validità e all’interpretazione degli atti legislativi dell’UE. Nella sentenza del 14 luglio 2016 , la Corte ha confermato che le concessioni balneari  sono autorizzazioni ai sensi della direttiva 2006/123/CE, dal momento che esse comportano un’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale . Esse rientrano quindi nell’ambito delle disposizioni pertinenti del diritto dell’UE, compreso l’articolo 12 di tale direttiva, qualora la scarsità della risorsa in questione nel territorio comunale interessato sia accertata e, in ogni caso, compreso l’articolo 49 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, qualora esista un interesse transfrontaliero certo.”

La risposta non lascia dubbi ad interpretazioni e pone la parola fine(forse) ad una discussione surreale sul piano giuridico europeo ma anche italiano. Infatti in numerose sentenze la Corte Costituzionale Italiana, ha sempre affermato il principio di parità di trattamento (detto anche “di non discriminazione”), che si ricava dagli artt. 49 e ss. del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in tema di libertà di stabilimento.

La Commissione nel rispondere inserisce un elemento di novità consistente. La scarsità della risorsa va verificato a livello comunale e non nazionale come qualcuno sosteneva. Appare evidente che è difficile dimostrare, in molti comuni costieri, la non scarsità della risorsa (spiaggia).

In conclusione, al termine  di una concessione demaniale turistica si deve procedere ad evidenza pubblica e non con rinnovi automatici ai concessionari uscenti.

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