L’8 gennaio la Chiesa celebra San Massimo Vescovo di Pavia, morto in quella città nel 514. Fu ambasciatore di Teodorico e partecipe delle vicende ravennati e quindi romagnole, nei drammatici anni fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e il regno degli Ostrogoti.
E’ dunque probabile che Sen Massum venisse conosciuto a Rimini e dintorni attraverso la curia arcivescovile di Ravenna. A Valenza Po, di cui il Vescovo pavese è patrono in quanto ritenutone il fondatore, in suo onore era tradizione – tutt’ora rispettata con rappresentazioni in costume – che i nobili distribuissero generosamente delle mele al popolo. Un bene assai prezioso in epoche in cui la fame era una costante e le carestie invernali praticamente inevitabili e particolarmente acute in gennaio.
“Znêr u n’ lassa galeina me puler”, gennaio non lascia gallina al pollaio: “Si tira il collo – spiega Gianni Quondamatteo – a tutti i polli che rimangono”.
Né c’è (o c’era, prima del riscaldamento globale) da fidarsi di un inverno che appare mite: “L’invéran u n s’l’è magnè al pàsar”, l’inverno non se l’è mangiato il passero, che vale: se non ha ancora fatto brutto e freddo, lo farà.
La saggezza contadina, in cui prudenza e pessimismo la fanno da padrone, insistono sul non doversi fidare del bel tempo che potrebbe verificarsi in gennaio. Nel cesenate si ammoniva: “Arguérdat da un bon znêr, c’u t farà pianzar a fabrèr”, guardati da un buon gennaio, che ti farà piangere a febbraio.
“‘D znêr tot i babèn i va a e’ pulèr”, in gennaio tutti i bambini vanno a dormire “con le galline“, all’ora in cui i pennuti vanno al pollaio; o ci andrebbero, se qualcuno – vedi sopra – ne fosse rimasto.
8 gennaio 1779 – Drammatico naufragio alle Fontanelle di Riccione