Dopo la pubblicazione del nostro articolo sui riminesi all’estero, il Comune di Rimini diffode altri dati sempre ricavati la rapporo della Fondazione Migrantes.
Sono circa 300 i riminesi espatriati nel 2015per cercare opportunità e fortuna all’estero. Il totale di oltre 22 mila cittadini della provincia di Rimii residenti all’estero iscritti all’Aire, “vale più o meno come ipotetica grandezza come il terzo Comune più popoloso in provincia”, commenta l’amministrazione. Che prosegue: “Si tratta di numeri che, pur sottostimati, perchè non tutti gli Italiani all’estero chiedono di comparire nella lista dell’Aire o di cambiare residenza, rendono comunque l’idea di un fenomeno che si pensava relegato al passato, ai bisnonni che con valigie di cartone salutavano l’Italia per cercare pane e lavoro all’estero. Ma oggi a fare le valigie sembra siano soprattutto giovani italiani, spesso laureati, che si trasferiscono prevalentemente in Gran Bretagna o in Germania, per trovare nuovi stimoli e maggiori opportunità di realizzazione personale e professionale”.
“Anche per un numero importante di giovani riminesi – è il commento di Mattia Morolli, Assessore alle politiche giovanili del Comune di Rimini – il trasferimento all’estero, per scelta di vita o di lavoro, sta diventando una prospettiva reale. Circa il 42% dei Riminesi espatriati ha infatti una età compresa tra i 18 e i 34 anni. Molti di questi, magari in continuità con periodi di studi o stage all’estero, scelgono di rimanere fuori dall’Italia perchè trovano maggiori stimoli e prospettive di crescita professionale. Emigrazione qualificata in grado di competere nei mercati occupazionali più specializzati in tutta Europa.
Infatti, tutti gli analisti concordano nel rimarcare come sia il patrimonio di competenze e altissimi studi la caratteristiche principale di chi si trasferisce all’estero. Accanto ad essa convivono però anche segnali di una emigrazione vecchia maniera, legata a fenomeni di impoverimento. In una società sempre più globalizzata si tratta di tendenze comuni in tutto il paese e prevedibilmente in crescita anche nei prossimi anni. Auspico però che, sopratutto a livello nazionale, si lavori per creare anche i presupposti per un ritorno in casa sia di quei giovani più formati, perchè il rischio è veder sfumato l’investimento formativo fatto per loro in Italia, sia di quelli più in crisi, perchè significherebbe aver trovato un maggior equilibrio tra mercato del lavoro, politiche famigliari e welfare.
A questo obiettivo devono concorrere pure i singoli territori. Penso ad esempio all’area riminese che deve sempre più orientare il suo sviluppo e la sua economia su reti imprenditoriali ad altissima specializzazione, fondate su settori come quello della ricerca e dell’innovazione che portano con sé assorbimento di laureati e di altissime competenze”.
Concorda, ma fino a un certo punto, la politologa Nadia Urbinati, riminese che vive e insegna all’estero da moltissimi anni, essendo naturalizzata statunitense:
“E’ una fortuna! Altrimenti avreste distrutto ancora più territorio. E poi la terra è grande, e uscire dal pollaio (magari per non ritornare se non a calpestare un poco di sabbia in estate) fa bene, anche a chi resta. Per cortesia smettiamo di lamentare chi parte — 50 milioni di italiani all’estero non ci starebbero più in Italia!”.