Michele Rosa nacque a San Leo nel 1731. A Rimini, dove fu mandato in tenera età, compì i suoi primi studi. Fu poi accolto alla scuola di Giovanni Bianchi (Iano Planco), che gli insegnò geometria, fisica, scienze naturali e anatomia.
Nel 1754 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Bologna; si addottorò a Padova nel 1757. Fresco di laurea, esercitò a Venezia, a Roma e di nuovo a Venezia: qui, nel 1766, diede alle stampe il Saggio di osservazioni cliniche, un lavoro d’avanguardia che gli fruttò la notorietà e gli valse una cattedra all’Università di Pavia, concessagli da Maria Teresa d’Austria. il duca Francesco III lo chiamò successivamente all’Università di Modena; nella città estense fu eletto presidente del collegio medico e dettò il regolamento della polizia sanitaria.
Nel 1783 pubblicò le Lettere sopra alcune curiosità fisiologiche. Scrisse – oltre che di fisiologia, epidemiologia e igiene pubblica – di scienze naturali, di antiquaria e di alimentazione; spiccano per dottrina, originalità e affabilità di scrittura le memorie Delle porpore e delle materie vestiarie presso gli antichi (1786) e Della ghianda e della quercia (1801). Nel 1796 tornò a Rimini, dove continuò a insegnare e ricoprì alcuni incarichi pubblici.
Michele Rosa morì il 29 settembre 1812. Ebbe numerosi e valenti discepoli, tra cui Maurizio Bufalini (al quale è dedicato l’ospedale di Cesena), che al maestro resterà sempre legato e che ne parlerà con immutabile affetto e ammirazione. A lui sono dedicate delle vie sia Rimini che a San Leo.
Il dottor Rosa sapeva tutto della medicina del suo tempo, ma purtroppo era questa medicina ad essere ancora assai carente. Oggi per esempio restiamo sconcertati di fronte alle tesi del luminare riminese sulle cause e i rimedi di una delle epidemie più diffuse ai suoi tempi, il colera: secondo lui scoppiava dove esistevano «la crapula, l’ebbrezza» e l’eccesso di «cose dolci o fatte col mele». Tra i rimedi suggeriti, figura anche «un buon bagno caldo».
Eppure Michele Rosa conserva un posto importante nella storia della medicina italiana. Addirittura, nel ricostruire la genealogia del metodo clinico italiano, la “Istoria della Medicina Italiana nel secolo XIX” propose questa successione: «L’ardente amore del vero di Galileo si trasmette alla sua scuola, da questa piglialo il Bellini, il Redi e il Borelli, da essa propagasi poi al Malpighi, da questo al Valsalva, dal Valsalva al Morgagni, da Morgani a Scarpa e Panizza, figliazione chirurgica; alla quale corrisponde la medica di Morgagni, Giovanni Simone Bianchi di Rimini, Michele Rosa, Bufalini e Murri».