Il 29 gennaio 1330, il corpo di Ramberto Malatesta «fo seppellito in uno suo vergiero», cioè in un suo orto, o frutteto, senza pompa e senza gloria. Non si sa dove si trovasse il “vergiero” (forse a Ciola Araldi, presso Roncofreddo, che era di Ramberto). Si sa benissimo, invece, e si sarebbe tramandato per generazioni, come Ramberto era morto: assassinato a sangue freddo il giorno prima da suo cugino, Malatestino Novello.
Quando emergono dalle tenebre della storia, i Malatesta appaiono una famiglia unita. Non si hanno per esempio notizie di dissidi fra Malatesta “della Penna”, che darà origine ai signori di Rimini, e il suo congiunto Giovanni, capostipite dei Conti di Sogliano. Malatesta da Verucchio, figlio di quello “della Penna”, nella sua vita centenaria andrà sempre d’accordo coi parenti e saprà sempre tenere compatti i suoi figli, salvo la non lieve eccezione di Gianciotto che uccide suo fratello Paolo “il bello” assieme alla moglie Francesca.
![Joseph Anton Koch: "Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto" (1805)](http://archivio.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/01/Inf._06_Joseph_Anton_Koch_Paolo_e_Francesca_sorpresi_da_Gianciotto_1805-10c.-500x387.jpg)
Joseph Anton Koch: “Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto” (1805)
Nessuna fonte contemporanea parla della tragedia, tanto che non se conosce né la data (fra il 1283 e l’85, secondo i più) né il luogo (dieci località a contendersi “l’onore”). Ma le conseguenze si trascineranno sanguinosamente per quasi mezzo secolo. Scoppia l’inimicizia, che è anche politica, fra i discendenti di Paolo, i ghibellini conti di Ghiaggiolo, e il resto della famiglia, capofila dei Guelfi. Sarà una vera e propria guerra, che coinvolgerà gli alleati di entrambe le parti e che si concluderà nel modo più tragico.
![Stemma dei conti di Ghiaggiolo](http://archivio.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/01/ghiaggiolo.jpg)
Stemma dei conti di Ghiaggiolo
Nel 1323, il conte Uberto di Ghiaggiolo, primogenito di Paolo “il bello”, ha l’idea di tirare dalla sua parte il cugino Ramberto, che è sì ultimogenito di Gianciotto (l’assassino di suo padre) ma è anche forse il più scontento del clan, essendogli toccato solo il castello di Ciola, strategico fin che si vuole ma non certo redditizio quanto le part dei co-eredi. Ramberto non dice di no e invita il conte a casa sua.
![ciolaraldi](http://archivio.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/01/ciolaraldi-500x281.png)
Il castello di Ciola
«Venuto el ditto conte, qui era tri bastardi de la casa; quando fo aparichìato da cena, fo chiamato el ditto conte che venisse a cena, e, comò zonse in la sala, quisti bastardi lo ucise subito. Morto ch’el fo, igli el mese in un saco, e mandollo de notte, e poselo al Mercato di Brandi», cioè nella piazza di Mercato Saraceno.
In quel momento il capofamiglia è uno zio di Ramberto, Pandolfo, ultimo superstite fra i figli del “Mastino”. Che però tre anni dopo muore, riaprendo la lotta per la successione. In lizza ci sono suo figlio Malatesta (III), che si guadagnerà il soprannome di Guastafamiglia, e Ferrantino figlio di Malatestino “dall’occhio”, defunto fratello di Pandolfo. Il primo si prende Pesaro (e molto altro), il secondo Rimini (e molto altro ancora) mentre a Ramberto, che aveva fatto il lavoro più sporco, resta ancora solo la piccola Ciola.
Ramberto tenta allora di nuovo il giochetto dell’invito a cena, questa volta con Ferrantino, ma per un verso o per l’altro gli va storto. Prova allora direttamente il colpo di mano su Rimini, arriva perfino a catturare Ferrantino e suo figlio Malatestino Novello, ma la giovane Polentesia, moglie di quest’ultimo, gli aizza contro i Riminesi. Dopo soli tre giorni deve scappare a Santarcangelo trascinandosi Ferrantino e Malatestino ostaggi; ma anche qui il popolo gli si ribella, gli tocca liberare i prigionieri e sloggiare ancora.
Seguono ulteriori liti, riappacificazioni, trame, nuovi tentativi di forzare la mano e di nuovo trattative.
Fino al 28 (o 21, secondo alcuni) gennaio 1330. Una fredda giornata invernale buona per la caccia.
Ecco come le cronache dell’epoca raccontarono i fatti:
«Miser Ramberto se stava a Ceola (Ciola) e miser Ferantino in Arimino, e talvolta se riscriveva l’uno al’altro e mandavase i famigli l’uno al’altro. Accade caso ch’el ditto miser Malatestino, figliolo del ditto miser Ferantino, fé un grande aparechio per andare in Lombardia; e savendo questo miser Ramberto, mandoglie un bello destriero in dono, et el ditto miser Malatestino glie mandò una robba di panni fornita et una se ne fé per lui, e mandoglie un sarto, et a poco a poco se venne ademestigando inseme».
«Venne un dì che miser Malatestino andoe a Pozano (Poggiano, presso Poggio Berni) per cazare e per auxelare per alcun die. Sapendolo miser Ramberto, mandoglie a dire, quando glie piacesse, che volontera veria a caciare com lui. Resposeglie che era contento. Poi, la matina venendo, venne el ditto miser Ramberto a Pozano e non trovò miser Malatestino, ch’era andato a caciare. Aspectollo, perché za era ora de terza (le nove del mattino), et era de verno: e stava al foco. Ecco venire el ditto miser Malatestino. Como miser Ramberto el vede, se glie gito ai’ piede domandandoglie perdono dele cose passate. Miser Malatestino, comò vede a lui, cadamano a uno cortello, ch’aveva a lato, e àbelo morto subito, e fello giettare ultra le fenestre». Altri dicono che non fu un “cortello”, ma una spada quella che Malatestino conficcò nella nuca del cugino inginocchiato davanti a lui per implorare perdono dei passati misfatti.
![poggiano_2039](http://archivio.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/01/poggiano_2039-500x267.jpg)
Poggiano, presso Poggio Berni, oggi elegante resort
Non finirà qui. Malatestino Novello morirà cinque anni dopo prigioniero nella rocca di Fossombrone, con ogni probabilità eliminato per ordine dell’altro cugino: quello che sarà a buon ragine detto il Guastafamiglia. Gli altri, invece…