Il 2 novembre 1855 il Comune di Rimini e il pittore bergamasco Francesco Coghetti stipulano il contratto per l’esecuzione del sipario del Teatro Comunale allora in via di completamento sotto la direzione del progettista, l’architetto Luigi Poletti. Il sipario rappresenterà “Cesare al passaggio del Rubicone”: lo stesso soggetto raffigurato dal pittore riminese Marco Capizucchi (1784 – 1844) nel sipario del “Teatro vecchio”, che era allestito nella Sala dell’Arengo. Il compenso pattuito con Coghetti è di 600 scudi; molto approssimativamente, potevano essere 30 mila euro di oggi.
Ancora una vota i Riminesi vogliono il meglio. Come Luigi Poletti era all’epoca il più celebre architetto dello Stato Pontificio e il più reputato nella progettazione di teatri, così Francesco Coghettti (Bergamo, 12 luglio 1802 – Roma, 20 aprile 1875) era al culmine della sua carriera, tanto da essere qualificato come il “più distinto pittore vivente italiano” e ben conosciuto in Europa. Nel 1844 aveva rifiutato la direzione dell’Accademia di pittura di Città del Messico. E nel 1858 ottenne la cattedra di pittura e la presidenza della cinquecentesca Accademia di San Luca (tutt’ora esistente): come dire il gotha dei pittori della Città Eterna, che fin dal 1633 deteneva il monopolio su tutte le commissioni pubbliche dello Stato Pontificio. Grazie anche alla stima e alla protezione del cardinale bergamasco Angelo Mai, fra gli anni ’40 e ’50 dell’Ottocento Coghetti fu senza dubbio il pittore più ricercato nella capitale e nello Stato della Chiesa.
Inizialmente i riminesi e l’architetto Luigi Poletti pensano a un soggetto differente: “Flaminio console che veste le insegne consolari nel foro di Rimini”. Ma alla fine si concorda di mantenere il soggetto cesariano, certamente molto più conosciuto anche dal popolo. Introducendo però una novità: l’iconografia non si baserà sul racconto dello storico Svetonio (Cesare passa il Rubicone di giorno su di un ponticello) ma su quello più fantasioso del poeta Lucano (Cesare guada il fiumicello di notte mentre ammonitrice gli appare la dea Roma).
Lo stesso Poletti detta: “L’oscurità della notte, il languido splender della luna, il Rubicone, la città di Rimini presentano una magnifica scena; il simulacro di Roma, Cesare, il suo seguito, il senato riminese, l’armata offrono alla fantasia del pittore un contrasto di passioni, e tutto il quadro non può non risultarne di mirabile effetto”. Il Gonfaloniere di Rimini Gianfrancesco Guerrieri è d’accordo e il consiglio comunale approva.
Il pittore porta a termine la commessa nella sua bottega romana in due anni, giusto in tempo per l’inaugurazione del “Teatro Novo” di Rimini, il 16 agosto 1857 con l’Aroldo di Giuseppe Verdi. E’ unanimemente considerata “opera eccellente”, tra i più bei sipari dipinti, paragonato ad un “prezioso quadro da Galleria”. Ancora nel 1913, lo si ritiene “uno dei più pregiati e preziosi sipari d’Italia”.
Il sipario di Coghetti resta al suo posto fino alla seconda guerra mondiale. Come si legge nel sito del Comune di Rimini, “Il sipario, dipinto a tempera su diciannove lunghe strisce di tela cucite formava infatti una superficie di 14,70 metri di larghezza per 18 di altezza. All’inizio dello spettacolo, la tela, come veniva chiamata allora, si alzava dal basso verso l’alto, scoprendo la parte inferiore del palcoscenico. A fine spettacolo si “calava il sipario” dall’alto verso il basso. Solo nel 1923, in seguito alla introduzione della buca d’orchestra, fu aggiunto un sipario in velluto ad apertura orizzontale dal centro verso i lati, come voleva la nuova moda dell’epoca. In un primo tempo il sipario in velluto, aprendosi, scopriva il vecchio telone considerato “di gala”. Poi a poco a poco l’uso del telone venne abbandonato mantenendo esclusivamente il sipario in velluto”.
“Nel 1938 l’enorme scena fu oggetto di un restauro a cura di Enrico Panzini. Fu durante la II Guerra Mondiale che il Teatro Galli fu gravemente danneggiato ed il suo palcoscenico totalmente distrutto, ma il sipario, per quanto non in buone condizioni, fu recuperato tra le macerie dal custode Aldo Martinini che lo trasportò precauzionalmente nel territorio della Repubblica di San Marino”.
“Il dipinto è rimasto così arrotolato per circa mezzo secolo su di un rullo ligneo nei depositi del Museo Civico di Rimini fino al 1995, anno in cui fu srotolato sotto la supervisione della Soprintendenza e del restauratore Adele Pompili. Poi il sipario fu nuovamente riavvolto per essere stoccato dapprima nei depositi del Museo Civico, successivamente presso l’autoparco in via della Gazzella all’interno di un contenitore ligneo. Nell’aprile 2016, la svolta. Il Sipario fu nuovamente dispiegato per effettuare una serie di indagini conoscitive per definire lo stato di conservazione e valutare le metodologie di intervento più efficaci da adottare nel corso degli interventi di restauro”.
Nello stesso anno viene ritrovato e torna a Rimini, grazie alla liberalità di Luigi e Adriana Valentini, il disegno preparatorio del Coghetti. E’ Giulio Zavatta che sa riconoscerlo in un mercato antiquario e pubblicarlo (“Un nuovo disegno di Francesco Coghetti per il sipario del teatro di Rimini. Alcune considerazioni iconografiche alla luce di una lettera di Luigi Poletti” in ROMAGNA ARTE E STORIA, 2017); viene esposto poi in occasione della seconda edizione della Biennale del Disegno.
Nel 2017 il Comune di Rimini decide di restaurare sipario del Coghetti, coinvolgendo la Soprintendenza di Ravenna e chiedendo il supporto dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Progettazione e supervisione del restauro sono affidate alla riminese Laura Ugolini, restauratrice di fama da più di trent’anni, dal 2013 dipendente dello Stato del Vaticano e impegnata nel restauro della Scala Santa.
Rimini ha dedicato a Francesco Coghetti una via, traversa a monte di viale Praga. Nello stradario ufficiale del Comune di Rimini è però scritto erroneamente “Luigi Coghetti” e così viene riportato nella segnaletica stradale. Inevitabilmente, tale cognome non poteva lasciare indifferente il burlone di turno che sente periodicamente in dovere di correggerlo: