Il 19 giugno 1417, alle ore 15, nasce a Brescia Sigismondo, figlio di Pandolfo Malatesta e Antonia di Barignano.
Questa ricorrenza, nel seicentesimo anniversario, è stata celebrata nel 2017 dal Comune di Rimini con i più autorevoli interventi e anche con un’iniziativa a Los Angeles e per parlare di Sigismondo non bastano certo questa sede modesta e questa penna inadeguata.
Vogliamo però almeno ricordare qualcosa dei primi anni del futuro signore di Rimini, utilizzando l’opera di Oreste Delucca, “Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe” (Bookstones, 2016).
Pandolfo Malatesta, già Vicario pontificio di Fano, in quel momento è signore di Brescia e Bergamo. Dai suoi matrimoni non ha avuto figli. Invece Antonia, una delle sue amanti, gliene darà due: dopo Sigismondo nel 1418 verrà Domenico, mentre da Allegra de Mori nel 1411 aveva avuto Roberto. Antonia, fra l’altro, sopravviverà a entrambi i figli, morendo solo nel 1471.
Delucca segnala che i discendenti dei Di Barignano esistono ancora: si chiamano Bargnani e in particolare Alberto “oggi coltiva le memorie di famiglia, è da anni riminese di adozione ed è solito trascorrere le sue estati nella città adriatica”. E ai primi del 2019 era a Rimini per l’intitolazione di una via alla sua antenata.
Sono rimasti i documenti dove furono annotate le spese per la nascita di quel figlio, che per la diciottenne Antonia era il primo: per i “panniselli da putti” (pannolini), lo “copertorio da chuna” (copertina da culla) finemente ricamato, per l’assistenza dello speziale e i medicinali durante il parto. E poi ancora per la “bayla” (che diverranno due dopo la nascita del fratellino Domenico) uno “stentarolo” e una “catredella” (tavolino e seggiolina), uno “cariolo” (lettino mobile su rotelle?).
In famiglia Sigismondo viene già chiamato confidenzialmente Pandulfino e suo fratello maggiore Rubertino; muteranno ufficialmente nome in Sigismondo Pandolfo e Galeotto Roberto solo al momento della loro legittimazione.
Nel 1421 Pandolfo viene sconfitto dal Carmagnola e perde le due città lombarde. La famiglia deve tornare alle sue terre d’origine, anche se non è chiaro se si trasferisce a Rimini o a Fano. Di certo Pandolfo non è mai né in una città né nell’altra, sempre impegnato nelle sue campagne e poi assiduamente preso dal governo di Cesena. La sua vita sregolata lo conduce però alla morte nel 1427, subito dopo aver sposato, a 57 anni, la diciassettenne Margherita Anna dei conti Guidi di Poppi.
Con chi cresce Sigismondo? Soprattutto con la zia, Elisabetta Gonzaga moglie di Carlo Malatesta, capo del clan e personaggio ormai di levatura internazionale. Pandolfo nel suo testamento aveva affidato i figli a Ugolino de Pili; quando costui va a Firenze, Elisabetta lo sostituisce con Pietro di Cante dei conti di Montevecchio, nobile fanese imparentato con i Gabrielli signori di Gubbio, antichi amici dei Malatesta. È lui la figura centrale nella breve infanzia del piccolo Malatesta: “fu egli così amato da Sigismondo che sempre nominossi suo compagno” (Pietro Maria Amiani, “Memorie Istoriche della Cittò di Fano”).
Carlo, che è senza figli, ha adottato la prole del fratello come fosse sua, colmandola di ogni affetto già da prima che Pandolfo muoia. Appena adolescente porta Rubertino con se anche nelle missioni più importanti (compresa quella per combinare il matrimonio di suo padre Pandolfo e Margherita Guidi) e gli procura in moglie Margherita d’Este quando lui ha 16 anni. E nel 1428, seppure a caro prezzo, ottiene dal Papa la loro legittimazione.
Che tipo doveva essere il piccolo Sigismondo? Uno piuttosto vispo, se non un discolo, più portato all’azione che alla diplomazia, come del resto rimarrà per tutta la vita. Come ricorda ancora l’Amiani, quando i Fanesi reclamano la presenza di Sigismondo presso di loro e ne scrivono a Elisabetta, “ricusò la saggia donna di compiacerli, su la cognizione che aveva dell’animo altero e feroce del giovanetto, e della necessità, in conseguenza, di non discostarlo dal suo fianco per cercare così, co’ suoi ammaestramenti, di moderare le di lui cattive inclinazioni ed insinuargli al possibile buone massime e sodi fondamenti di religione”.
Il 14 settembre 1429 Carlo Malatesta muore improvvisamente a Longiano. Elisabetta assume la reggenza di uno stato vasto e potente, ma instabile e minacciato da tutte le parti: dal Papa, che vorrebbe riprendersi le città concesse in vicariato; dai vicini e nemici di sempre Montefeltro; dai parenti, come i Malatesta di Pesaro. Galeotto Roberto, il maggiore dei tre ragazzi, preso solo dalla religione, si dimostra subito inadatto alle cose di governo. Morirà a soli 21 anni, senza aver consumato, per scelta, il matrimonio e stremato dalle penitenze, guadagnandosi il titolo di Beato.
Già nel 1430 tocca al tredicenne Sigismondo guidare le truppe malatestiane contro quelle pontificie, condotte da Sante Carillo. Lo scontro avviene a Serrungarina e si risolve nella prima, clamorosa vittoria di Sigismondo. La sua infanzia è già un ricordo lontano. Inizia l’epopea di uno dei più straordinari signori del Rinascimento italiano.