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18 novembre 1768 – Il giallo della morte a Rimini del cardinal Piccolomini

Enea Silvio Piccolomini era nato a Siena il 22 agosto 1709. Figlio di Ranieri e Camilla (Paola) Franceschi, apparteneva ad una famiglia che, seppur ormai impoverita, aveva dato alla Chiesa due papi, Pio II e Pio III, e due cardinali, Giovanni Piccolomini (1517), Celio Piccolomini (1664); vi sarà poi anche un cardinale Giacomo Piccolomini nel 1844.

Enea Silvio era stato battezzato con il nome del più celebre fra i suoi antenati, quel Pio II (pontefice regnante dal 1458 al ’64) che fu il nemico più acerrimo di Sigismondo Pandolfo Malatesta, fino a determinarne la rovina.  

Il destino ha però forse giocato un curioso tiro postumo ai protagonisti di quella titanica disfida. 

Enea Silvio Piccolomini “giuniore”, come si diceva allora, nel 1729 si stabilì a Roma e grazie al sostegno, anche economico, del cardinale Juan Álvaro Cienfuegos Villazón e di monsignor Nicola Casoni, chierico della Camera Apostolica, iniziò la sua carriera ecclesiastica: segretario delle Lettere Latine, referendario del tribunale della Segnatura (1738), oratore ai funerali di papa Clemente XII, consultore della Congregazione dei Riti (1743), presidente della Camera Apostolica (1745), governatore di Castelnuovo e Montone, prefetto degli Archivi (1750), commissario generale delle Armi (1759), sovraintendente degli Ergastoli, governatore di Roma e vice-camerlengo da novembre 1761 a settembre 1766.

Fu creato cardinale diacono da papa Clemente XIII nel concistoro del 26 settembre 1766. Il 1º dicembre 1766 ottenne il titolo cardinalizio di Sant’Adriano al Foro.

Il 25 gennaio 1768 fu nominato legato pontificio in Romagna. Fu abate commendatario di Santa Maria di Galeata, di Santa Maria dell’Acque a Bologna e di Sant’Orsola a Cesena.

Finché, come annota Carlo Tonini, «Venne a morte in Rimini il nuovo Legato card. Enea Silvio Piccolomini, qui giunto da Roma per condursi alla sua sede, non ostante le cure sapienti del celebre Dott. Bianchi, (Jano Planco) il quale, come è noto, ebbe poi a renderne ragione al pubblico con apposita relazione a stampa».

Enea Silvio Piccolomini morì a Rimini il 18 novembre 1768: tre secoli esatti dalla morte di Sigismondo Pandolfo Malatesta, avvenuta  il 9 ottobre 1468Un invito a nozze per gli amanti della cabala.  

Che andranno certo in fibrillazione leggendo quanto scrive Salvador Miranda a proposito del Piccolomini nel suo “The Cardinals of the Holy Roman Church” (Miami, 1998): «Morte: 18 novembre 1768, verso le 14, di oppressione di stomaco e convulsioni con dolore, dopo aver ricevuto i sacramenti della Chiesa dal vescovo Francesco Castellini di Rimini, nel monastero di S. Marino, in quella città, mentre si recava alla sua Legazione. Il suo corpo fu imbalsamato e vestito con gli abiti cardinalizi e portato alla cattedrale la sera del 19 novembre; la mattina seguente il corpo fu esposto indossando la dalmatica diaconale; il funerale fu celebrato dal vescovo locale, con la partecipazione del clero e dei magistrati della città; e sepolto alle 10 di sera in quella cattedrale…». 

Salvador Miranda, per molti anni bibliotecario alla Florida International University di Miami, come ci ha gentilmente precisato, ha tratto questo dettaglio da “Päpste Kardinäle und in der Mitte des 18. Jahrhunderts: (1730-1777): das biographische Werk des Patriziers von Lucca Bartolomeo Antonio Talenti” di Sabrina M. Seidler e Christoph Weber, (ultima edizione: “Biblioteca Angelica”, Peter Lang; Roma, Francoforte, New York – 2007): una ristampa critica delle “Vite di Benedetto XIII, Clemente XII e di cardinali dal 1730 al 1743″ del nobile lucchese Bartolomeo Antonio Talenti,  contemporaneo ai fatti.

Dunque la sepoltura del cardinal legato Enea Silvio Piccolomini sarebbe stata nell’allora cattedrale di Rimini: Santa Colomba. Sconsacrata però di lì a una trentina d’anni e quindi distrutta nel 1815.

Dove sono allora i resti del Cardinal Piccolomini? E se fossero finiti, insieme al titolo di cattedrale, nel Tempio malatestiano? Proprio quell’opera che il suo antenato  papa Pio II ebbe a citare come una delle colpe imperdonabili di Sigismondo: «Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni».

Se non che, nel Tempio Malatestiano non si scorge traccia della tomba del Cardinal Legato. Un defunto di quel rango avrà meritato almeno una lapide, che avrebbe seguito i resti in una loro traslazione; ma nel Duomo di Rimini non c’è. E almeno un’informazione riportata dal Talenti non trova conferme dai testimoni oculari.

Non ne parla la “Breve storia ragionata de’ mali che afflissero l’Eminentissimo Sig. Cardinale Enea Silvio Piccolomini legato di Romagna” di Jano Planco, che consiste in gran parte nella dettagliata relazione dell’autopsia eseguita dal medico riminese  il 19 novembre 1768. Nell’elencare i più minuti dettagli anche dell’agonia e del trapasso, non si fa cenno né di imbalsamazione né tanto meno di una sepoltura nel Duomo di Rimini. Come ne tacciono il Tonini o altri storici locali.

Forse la sepoltura in cattedrale cui si riferisce il Talenti fu solo momentanea, in attesa che il corpo, imbalsamato o no, fosse traslato nella sua Siena? Oppure, come si usava, nella chiesa di cui il Cardinale era titolare, S. Adriano al Foro in Roma? 

Ma per qualche giorno o per sempre, Sigismondo avrebbe gradito le spoglie di un Piccolomini nel suo Tempio? Per giunta perfettamente omonimo del suo persecutore? Accanto a lui stesso, ai suoi antenati e a Isotta? Chissà. Può anche darsi di sì, riascoltando quell’accusa che gli valse – insieme a molte altre ancor più pretestuose – la scomunica e il rogo in effige: la progenie del suo implacabile nemico condannata a giacere in un “tempio di infedeli adoratori dei demoni”. Come vendetta postuma, quasi da preferire alla dispersione di quei resti; fosse avvenuta (poco verosimilmente) assieme alle macerie della vecchia cattedrale di Rimini, oppure (con qualche probabilità in più) durante la semi-distruzione di S. Adriano al Foro, quando dopo il 1930 si volle ripristinare ciò che era in origine: la Curia del Senato romano. In ogni caso, a oggi si ignora dove il Cardinale riposi.

Ma qualunque sia la soluzione del piccolo giallo, lo spirito di Sigismondo ha avuto la sua piccola soddisfazione: la sua Rimini non ha certo portato bene a un Enea Silvio Piccolomini.

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