La notte fra il 16 e 17 gennaio 1929 viene ancora ricordata con sgomento da tutta la marineria romagnola. Nell’anno del “nevone”, durante uno dei peggiori inverni del secolo, quella notte si scatenò un violento e quanto imprvviso fortunale che colse alla sprovvista numerosi pescherecci usciti al largo e alcuni andarono a picco. Il bilancio fu terribile: nove morti fra i marinai di Bellaria affondati con il trabaccolo “Seconda” (detto “la Titona”), cinque fra quelli di Riccione che erano sul motopeschereccio “Bruna”. Alla fine dello stesso maledetto 1929 fece naufragio il trabaccolo cattolichino “Wilson” e morirono altri quattro marinai.
La tragedia della “Bruna” è stata rievocata nel 2020 a Riccione. Ma come andarono le cose?
Un racconto del dramma si può leggere in “Riccione un rotta nel vento 1923-1943”, di Dante Tosi, basato sull’Archivio storico del Comune di Riccione, (Atti del podestà, 18 gennaio 1929):
“L’anno 1929 sarà ricordato come l’inizio della grande crisi economica mondiale che sconvolse la vita dei popoli. sarà ricordato, qui da noi, come l’anno del nevone, del grande freddo, devastante e protratto, che mise in ginocchio la misera economia locale, sottoponendo la popolazione a privazioni e malattie che non trovavano confronti a memoria d’uomo. Il naufragio della Bruna, la notte di San Antonio. In questo inverno funesto si compì la tragedia della barca da pesca Bruna della marineria riccionese”.
“Nella notte del 17 gennaio la Bruna, uscita in mare a pescare con la barca “Nuovo Pietro” di Cattolica (…), fu raggiunta da un fortunale che la mandò a fondo a largo del porto di Rimini ove era diretta in cerca di rifugio e salvezza. Nel naufragio perse la vita l’equipaggio formato da Secondo Tomassini (Piruléin), parone di 34 anni, Paolo Ceccarelli motorista di 23 anni e dai marinai Roberto Pronti di anni 38, Giulio Gennari di anni 31 e Ubaldo Righetti di anni 19. Si salvarono i marinai Cesarini Dino Fernando, perchè all’inizio della pesca era passato a bordo dell’altra barca e Ugo Bertozzi, perchè quella sera era rimasto a terra”.
“Il drammatico evento si compì in mare aperto a circa dieci miglia, alle quattro e mezzo come segnava la sveglia di bordo. Nella stessa notte naufragò anche la barca soprannominata “Titona” della marineria di Bellaria, perdendo l’intero equipaggio di otto uomini (in realtà morirono in nove, otto bellariesi ed uno di San Vito). La tragedia colpì il ceto marinaresco della costa e sconvolse la marineria riccionese che perdeva cinque validi e apprezzati marinai e la barca più prestigiosa. Un colpo che lasciò il segno”.
“La barca Bruna fu ritrovata affondata ancora in piedi, con la punta dell’albero maestro (alto 14 metri) che si vedeva appena alcuni metri sotto la superficie del mare. Fu riportata a galla con l’aiuto di generosi marinai di Riccione, nel mese di ottobre e successivamente riarmata proseguì l’attività di pesca per cui era nata. I corpi dei marinai periti furono ritrovati e recuperati nel corso dell’estate, ad eccezione del corpo di Giulio che non venne mai più ritrovato. Se in futuro incontrerai un vecchio marinaio riccionese, chiedigli della barca Bruna, ti sentirai raccontare una struggente storia di marinai e di una barca da pesca”.
L’Atto del Podestà di Riccione del 18 gennaio 1929 riporta: “Ricordato che nella notte del 16 al 17 corrente, in seguito ad un improvviso fortunale, la motobarca da pesca Bruna di questo comune veniva sorpresa al largo di Rimini nè faceva più ritorno, per cui deve ritenersi affondata con tutto l’equipaggio composto di cinque uomini. Visto che il fatto non ha precedenti nella storia di questo comune, ha vivamente commosso l’opinione pubblica ed in specie la classe marinara in mezzo alla quale le vittime eccellevano per la loro perizia e per il loro coraggio. Visto che delle famiglie colpite dal disastro tre versano in condizioni di assoluta miserabilità, per cui sia doveroso porger loro un aiuto nelle attuali tristissime contingenze, in attesa che siano svolte le pratiche per la liquidazione dell’indennità loro dovuta dalla società di assicurazione”.
Dei naufraghi riccionesi era stato ritrovato solo il corpo di Roberto Pronti, il 19 gennaio. Doveva arrivare il 29 giugno perché il mare restituisse ,“a circa sei miglia dalla spiaggia, all’altezza della località di Comasco” cioè Bellariva, i poveri i resti di Paolo Ceccarelli e Ubaldo Righetti.