Il 14 marzo 1927 nasce a Rimini Emilio Zavattini, Si iscrive all’Università di Roma La Sapienza nella Facoltà di fisica nel 1950 ed ottiene il dottorato nel 1954.
Attivo fino agli ultimi giorni della sua vita, le scoperte dei suoi studi sui campi forti e deboli e sulle interazioni elettromagnetiche, realizzati sia al CERN sia in altri laboratori europei ed americani, rappresentano importanti risultati nella fisica delle particelle.
Zavattini muore per un infarto il 9 gennaio 2007.
Così, il 15 gennaio dello stesso anno, il fisico riminese vienericordato da Il Piccolo di Trieste, città dove aveva insegnato per quasi vent’anni:
«Era uno scienziato come quelli d’una volta, che non aveva mai voluto abbandonare la ricerca, gli esperimenti, per fare il manager. Aveva mantenuto fino all’ultimo un’invidiabile vivacità intellettuale e la curiosità d’un ragazzino».
Così Roberto Petronzio, presidente dell’Infn (l’Istituto nazionale di fisica nucleare), ricorda Emilio Zavattini, per quasi vent’anni professore all’Università di Trieste.
Zavattini è morto martedì scorso per un infarto nella sua abitazione di Meyrin, la cittadina vicino a Ginevra sotto la quale corre l’anello sotterraneo degli acceleratori del Cern e dove oggi si svolgeranno i funerali. A marzo avrebbe compiuto 80 anni.
Emilio Zavattini («Mimmo» per i suoi amici e collaboratori) era noto tra i colleghi come il «fisico del vuoto», perché proprio allo studio delle proprietà del vuoto aveva legato la parte determinante della sua carriera, fino ai recentissimi successi.
L’anno scorso il suo nome e quello dei suoi collaboratori triestini – in primis Giovanni Cantatore, lui pure del Dipartimento di fisica del nostro Ateneo – erano transitati dalle riviste specialistiche a quelle delle più prestigiose riviste di divulgazione internazionali (Scientific American, New Scientist, Science et Avenir, La Recherche) e addirittura sulle pagine dell’Economist.
Nato a Rimini, dopo la laurea a Roma Zavattini era andato a lavorare sui raggi cosmici negli Stati Uniti, alla Columbia University. In quella circostanza si era trovato a lavorare anche con il futuro premio Nobel Leon Lederman. Tornato in Europa, era entrato nello staff del Cern, oggi la «capitale mondiale» delle ricerche in fisica delle alte energie.
E dal 1988 era diventato professore ordinario a Trieste, dove ha insegnato a Ingegneria fino al 1999, continuando poi a mantenere un rapporto strettissimo con la nostra città.
Tanto che proprio qui a Trieste, al Dipartimento di fisica, organizzò lo scorso ottobre un «PVLAS Day» per presentare e discutere i risultati emersi dagli ultimi esperimenti condotti ai Laboratori dell’Infn di Legnaro, presso Padova.
L’acronimo PVLAS sta a indicare la «polarizzazione del vuoto mediante laser» e deriva da uno studio con il quale Zavattini e i suoi collaboratori (tra i quali il figlio Guido, dell’Università di Ferrara) avevano osservato che nel vuoto un potente magnete devia il piano di polarizzazione di un fascio laser.
Per spiegare il fenomeno si è ventilata l’esistenza di una particella della materia, priva di carica e di massa ridottissima, ipotizzata trent’anni fa e chiamata «assione».
A Legnaro (ma anche in Francia, Germania e Usa) si cercherà ora di confermare l’evidenza di questa elusiva e rivoluzionaria particella. Se così avverrà, sarà l’eredità scientifica più preziosa e inattesa che Mimmo Zavattini ha lasciato alla fisica.
Fabio Pagan