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Home > Cultura e Spettacoli > San Gaudenzo, chi era costui?

Fra i tanti Santi su cui non si hanno prove storiche, o addirittura cancellati dal calendario dalla stessa Chiesa in assenza di riscontri (San Gennaro e San Giorgio, fra i più celebri), dell’esistenza di San Gaudenzo si hanno tracce abbastanza certe.

Visse fra III e IV secolo, ritrovandosi nella difficile e fondamentale epoca fra l‘Editto di Costantino (313) che dava libertà di culto ai cristiani, e quello di Teodosio (380) che elevava il cristianesimo a religione di stato dell’impero romano.

Gaudenzo (o Gaudenzio, o Godenzo) veniva da Efeso. Nei pressi di Smirne (l’odierna İzmir in Turchia) e oggi in rovina, era la capitale della provincia romana di Asia. Centro religioso importantissimo fin dalla preistoria, (vi si venerava una divinità femminile poi identificata con Artemide, la Diana romana, il cui tempio era una delle “sette meraviglie del mondo” antico), fu uno dei principali centri di irradiamento del cristianesimo: San Paolo indirizzò una delle sue Lettere agli Efesini, dopo essere stato cacciato dalla città; successivamente il capo della comunità cristiana sarebbe stato San Giovanni Evangelista.

Prima curiosità: sia San Gaudenzo che San Giuliano (di Cilicia) oggi avrebbero passaporto turco. Degli innumerevoli Santi Patroni di Rimini, solo Santa Innocenza sarebbe stata originaria della città.

Gaudenzo, di famiglia benestante, avrebbe perso entrambi i genitori per mano dei Manichei, una delle tante sette che dividevano la cristianità con lotte non solo teologiche, ma spesso a mano armata.

Giunto a Roma, sarebbe stato battezzato e ordinato sacerdote da San Giustino proprio nel 313, l’anno dell’Editto di Milano emanato da Costantino. Fu poi inviato come Vescovo ad Ariminum da papa Silvestro; anche lui sarà Santo. Durante il suo episcopato avrebbe ordinato diacono Marino e sacerdote Leone, scalpellini cristiani provenienti dalla Dalmazia, ovvero i fututi San Marino e San Leo; ma qui c’è un po’ di confusione sulle date.

All’ordine del giorno c’era ora l’eresia degli Ariani, che in certi momenti aveva il sopravvento anche presso la corte imperiale. Nel 359 a Rimini si svolse un Concilio Ecumenico proprio per dirimere i contrasti fra Ariani e “Ortodossi”, cioè fedeli al Papa di Roma. In realtà, come nei Concili anteriori e successivi (Sirmio, 351; Arles, 353; Milano, 355, Sirmio II, 357; Costantinopoli, 360), ogni volta prevalse una parte sull’altra, spesso annullando le disposizioni dell’assemblea precedente. E spesso si verificarono gravi tumulti, con imprigionamenti e uccisioni.

Così accadde anche a Rimini.  Fuggito a Cattolica (che però non esisteva, essendo stata fondata solo nel 1271) per scampare alle violenze degli Ariani, Gaudenzo sarebbe rientrato in città per affrontarli a viso aperto. Ma preso dagli eretici, fu linciato presso il Lacus Maius (Lagomaggio) e lì sepolto, in una necropoli già esistente.

Sul luogo della tomba di Gaudenzo sorse prima un piccolo oratorio, che divenne nel tempo un’abbazia, la maggiore di Rimini insieme a quella dei SS. Pietro e Paolo (poi San Giuliano).

L’abate di San Gaudenzo nel medio evo possedeva molte terre nella parte meridionale del territorio riminese; ne resta ricordo in diversi nomi di luoghi, come San Martino Monte l’Abate. L’abbazia era un centro culturale di primo piano; qui furono prodotti preziosi codici minati che ancora si conservano.

Sul finire del ‘700 l’abbazia di San Gaudenzo, più volte rimaneggiata anche per via dei terremoti, era un edificio imponente in forme rococò. Sconsacrata e venduta ai privati durante il periodo napoleonico, non tornò mai più a essere un luogo di culto. Anche se l’impero napoleonico era ormai tramontato, fu demolita dalla Contessa Teresa Sartoni, detta la “Sartona”, che riutilizzò i materiali per costruire il suo “casino di delizie”, come allora si diceva di un’elegante residenza fuori dalle mura.

Seconda curiosità: negli anni della Restaurazione dopo il dominio napoleonico, i riminesi non sentirono la necessità di ripristinare né la cattedrale di Santa Colomba né l’abbazia dedicata al loro Santo Patrono: entrambi scomparvero proprio allora. Come del resto moltissimi altri edifici sacri, compreso il prezioso  San Gregorio, che conservava ancora i suoi mosaici bizantini.

Sulle rovine del Casino della Sartona e del successivo orfanotrofio “Pio Felice”, fra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso fu costruito il Palasport Flaminio. Durante i lavori emersero le necropoli (pagana e paleocristiana) e soprattutto la cripta, con tanto di arche sepolcrali ancora in loco. Ma quando il cantiere fu fermato per effettuare i rilievi archeologici, molti reperti, arche comprese, erano stati distrutti dalle ruspe e addirittura erano già stati gettati i plinti in cemento armato. 

Oggi a ricordare l’esistenza dell’abbazia dedicata al Patrono c’è solo il nome di una strada, quella via San Gaudenzo prospiciente il Palasport.

Terza curiosità: le reliquie di San Gaudenzo si trovano in tre luoghi differenti: una parte, testa compresa, nella chiesa di San Giovanni Battista, nel Borgo San Giovanni. Altri reperti sono ad Ostra, presso Senigallia, dove secondo la tradizione sarebbero state occultate nel VII secolo dalla regina longobarda Teodolinda per salvarla da non meglio precisati saccheggiatori. Infine, durante il ‘700 alcune ossa furono donate in varie riprese al Vescovo di Tricarico, in Basilicata, che a sua volta le consegnò al paese di Garaguso. Oggi San Gaudenzo da Rimini è quindi anche patrono di Garaguso, in provincia di Matera. Dove però viene festeggiato il 14 agosto, essendo stata ritenuta “scomoda” la data del 14 ottobre, che cade nel pieno della seminagione.

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