250 milioni, se non 300: alla fine dei conti, tanto servirebbe ancora per condurre in porto il salvataggio delle Casse di Risparmio di Rimini, Cesena e San Miniato. Il 31 luglio, ultima scadenza fissata – e già slittata una volta – per trovare una soluzione, rischia di arrivare con un nulla di fatto. Crédit Agricole-Cariparma e lo Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi devono trovare un accordo, ma le differenze restano ancora sostanziose. L’amministratore delegato di Cariparma, Giampiero Maioli, l’altro ieri ha notificato in consiglio di amministrazione che l’operazione comporterebbe per i francesi non il 2,8%, ma il 3,8% della quota retail. Silenzio per ora dal Fondo Interbancario.
Mentre le sofferenze sarebbero salite da 2,7 a 3 miliardi, lo Schema volontario fa i conti e vede che in cassa ha ancora solo 420 milioni, mentre Cariparma è ferma sulla sua offerta di 130 milioni. Rimini e San Miniato hanno già varato o in programma le ricapitalizzazione necessarie, Cesena lo ha già fatto. UOra per il salvataggio delle tre Casse servirebbero 250-300 milioni. Ma il fondo Atlante 2, che doveva rilevare i crediti deteriorati, ha fatto un’offerta deludente; ma del resto al fondo restano solo 150 milioni.
Secondo il Corriere della Sera, «Bankitalia sta facendo tutto il possibile per arrivare a una soluzione e scongiurare quello che potrebbe accadere se la scadenza del 31 luglio arrivasse senza un accordo: la liquidazione».
E i sindacati non ci stanno: «Chiediamo a Bankitalia e soprattutto al ministero dell’Economia di accelerare le procedure per consentire a Cariparma Crédit Agricole la messa in sicurezza delle Casse di Rimini, Cesena e San Miniato. Bisogna trovare una soluzione che coinvolga anche Atlante 2», ha dichiarato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.«La liquidazione delle tre banche — scrive ancora la Fabi — che produrrebbe un costo per il sistema bancario italiano tra 2,5 e 2,7 miliardi e un danno alla clientela e ai lavoratori».