Traffico di armi: è l’accusa che la procura generale di Tripoli ha formulato nei confronti di Giulio Lolli, l’imprenditore bolognese arrestato in Libia a fine ottobre quando è stato prelevato dalle forze speciali di deterrenza “Rada”, militari che dipendono dal ministero dell’interno libico, e da allora detenuto in carcere. La conferma del capo d’accusa all’italiano arriva dalla procura generale di Tripoli, che tramite l’ambasciata italiana è in continuo contatto con la procura della Repubblica di Rimini e il sostituto procuratore Davide Ercolani che ne aveva chiesto la cattura internazionale e l’estradizione in Italia al termine dell’indagine sul crac milionario di Rimini Yacht.
Quando a fine ottobre scorso è stato arrestato dai militari “Rada” che l’hanno prelevato da casa sotto gli occhi della giovane moglie libica, Lolli lavorava su una motovedetta dell’unità marittima speciale con la scritta “Police”, a capo di un gruppo di 11 persone, per fermare il transito dei migranti verso l’Europa.
Giulio Lolli, imprenditore bolognese di 52 anni, ex presidente della Rimini Yacht, fallita con un buco milionario, è anche inseguito da due mandati di cattura internazionale e una richiesta di estradizione emesse dalla Procura di Rimini. Già nel 2011 era stato arrestato e fatta richiesta di estradizione, richiesta che è ancora attualmente attiva.
Lolli nel frattempo si è rifatto una vita, si è convertito all’Islam (ha aggiunto il nome Karim) e ha sposato una giornalista di 20 anni più giovane di lui.
Attualmente è detenuto, in una cella da solo, non con i detenuti comuni, nel carcere di Tripoli.
In Italia e a San Marino la giustizia continua a fare il suo corso. A Bologna aveva patteggiato 4 anni per concussione. A San Marino, gli erano stati inflitti cinque anni per truffa e falsità ideologica in atto pubblico. In Italia è in corso il processo per il crac milionario
Ansa