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Coca a Rimini, sgominata la banda di Nonno Carabina

Dal tentato omicidio della Barafonda a una rete di spaccio che riforniva di cocaina soprattutto Viserba, ma anche il centro di Rimini. E’ la banda di “Nonno Carabina”, al secolo Attilio Da Corte Zandatina, 74 anni, già in carcere per aver ordinato di sparare ad Augusto Mulargia in via Carlo Zavagli il 5 aprile 2016.

Proprio da quel delitto, originato da un debito di droga da 60 mila euro per due chili di coca non pagata, hanno preso avvio le indagini dei Carabinieri. Quattro mesi di lavoro che questa mattina hanno portato i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale CC di Rimini a eseguire un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Rimini, su richiesta della locale Procura della Repubblica – P.M. Dott. Luca Bertuzzi, nei confronti di 5 persone, per spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Dopo pedinamenti e intercettazioni, è emerso che Nonno Carabina continuava anche dal carcere a dirigere l’attività di spaccio. Non solo: dai “Casetti” aveva anche spedito una cartolina con precise istruzioni alla sua banda e perfino minacce al militare dell’Arma che aveva condotto l’indagine sul suo conto: “Fra poco sarò fuori e allora…”. Invece questo gli era costato l’annullamento di un’imminente libertà condizionale.

La cartolina spedita dal carcere da Nonno Carabina

Delle intercettazioni è emerso che a spacciare al dettaglio erano il figliastro di Da Corte, Cesare Giuffreda, assieme a Roberto Cardilli. Un bel “giro d’affari” con dosi di coca da un grammo piazzate a 80 euro l’una; solo durante i quattro mesi delle indagini, in oltre 2 mila vendite sarebbero stati incassati oltre 160 mila euro. I clienti erano fra i 25 e i 40 anni, soprattutto di Viserba ma anche di Rimini centro. I due pusher avevano a disposizione circa 10 grammi a testa al giorno. Durante i contatti fra clienti e spacciatori, come sempre, veniva usato una specie di codice cifrato: le dosi erano “aperitivo”, “pizza”, “birra”, “birretta”.

Già il 21 giugno 2016 nella Renault Scenic del Da Corte era stato trovato quasi mezzo chilo di cocaina e 3.340 euro in contanti, mentre in casa sua aveva altri 40 grammi di cocaina e 7 mila euro; belle cifre, essendo il 74 enne quasi privo di reddito.

A dare una bella mano al capo c’era anche la sua compagna, Tiziana Cappelli, che provvedeva a consegnare le dosi e riscuotere i pagamenti. E il “lavoro” andava così bene che a un certo punto la “ditta” aveva fatto nuove assunzioni. Cardilli, trovato un lavoro estivo e non avendo tempo per tutto, aveva arruolato anche Ivano Russo, che gestiva un videonoleggio a soli 150 metri dalla caserma dei Carabinieri di Viserba. L’esercizio era diventato in breve una vera base logistica, dove lo stupefacente veniva nascosto, suddiviso in dosi e spacciato ad acquirenti ben poco interessati alla produzione cinematografica. Il 2 settembre 2016  il videonoleggio era stato perquisito; oltre alla coca appena recapitata da Cardilli era stato trovato un bilancino elettronico di precisione, circa mille euro in contanti e materiale per il confezionamento delle dosi. Russo finiva così in manette, ma iniziava a collaborare con gli inquirenti.

La misura cautelare della custodia in carcere è stata eseguita oggi nei confronti del Da Corte, di Tiziana Cappelli (52 anni), Cesare Giuffreda (33 anni) e Roberto Cardilli (41 anni). Per Ivano Russo, 54 anni, considerando l’aiuto fornito alle indagini è tata comminata solo la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Giuffreda e Cardilli hanno così raggiunto Nonno Carabina ai “Casetti”, mentre la Cappelli è stata rinchiusa nella sezione femminile della Casa Circondariale di Forlì.

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