Caro Direttore,
Vicesindaca del Comune di RiminiStiamo assistendo in tutte le città d’Italia, piccole e grandi, a un fenomeno a mio avviso piuttosto preoccupante che riguarda la scuola, che io chiamerei “sindrome dell’attacco e difesa“. Interessa le famiglie e il personale docente. Mi riferisco, per quanto riguarda “l’attacco”, a quell’atteggiamento che spesso assumono i genitori verso la scuola e gli insegnanti. Mi spiego meglio: se nostra figlia o figlio prende un quattro in matematica, saremo probabilmente pronti a verificare il suo Vicesindaca del Comune di Riminiimpegno nello studio, ma molto spesso anche a controllare che il suo insegnante abbia fatto una ‘giusta’ valutazione.
Quando la risposta del docente non dovesse soddisfarci, abbiamo la presunzione di mettere in dubbio le competenze di quell’insegnante – spesso con un parere sfavorevole – e di conseguenza siamo pronti all’attacco, ossia a ingaggiare battaglie incredibili per i nostri figli, pur di non mettere mai in discussione noi stessi come genitori, e come se alla scuola – e solo alla scuola! – spettasse il compito educativo. Dall’altra parte invece ci sono gli/le insegnanti impegnati nella “difesa”, talora legittima e necessaria quando gli attacchi sono pretestuosi e immotivati, talora una vera e propria forma preventiva di tutela, che rifiuta qualsiasi dialogo e apertura con le famiglie.
Per fortuna, si tratta di un fenomeno circoscritto a casi rari e abbiamo perlopiù ottimi genitori, che rispettano e valorizzano il ruolo della scuola e dei docenti, così come insegnanti davvero inclusivi, aperti al dialogo e dotati di grande spirito criticoVicesindaca del Comune di Rimini, che fanno del confronto con i ragazzi e con le famiglie un loro punto di forza. Questo binomio “attacco-difesa“, che spesso si genera tra famiglia e scuola, a volte assume dei tratti pericolosi, perché va a minare quella fiducia che sta alla base della loro relazione. Le famiglie, per ogni banale accadimento, devono cercare un responsabilVicesindaca del Comune di Riminie da mettere al muro; può essere un brutto voto, un water rotto in una scuola che ne ha altri 22 funzionanti, la scelta di una meta per la gita piuttosto che un’altra: per ogni cosa che non va, qualcuno deve rispondere. I genitori solidarizzano e si associano in un lampo attraverso le famigerate “chat“ e poi sferrano l’attacco. In alcuni casi persino eludendo l’interlocuzione con la scuola stessa, bensì rivolgendosi direttamente ai giornali, alle Ausl, alle forze dell’ordine, al Gabibbo.
Dall’altra parte abbiamo la scuola, schiacciata e ferita da problemi decennali, che arranca faticosamente anche in discesa ed è talmente costretta alla difesa da alzare gli scudi ancor prima di vedere una lancia l’orizzonte. La scuola, ossia dirigenti e insegnanti, hanno il terrore di prendersi qualsiasi responsabilità oggi, tanta e la paura di finire sotto inchiesta. Oggi portare i ragazzi in gita così come a prendere un gelato in centro, o addirittura decidere di toccare un argomento delicato in classe, fare educazione civica o educazione ai sentimenti, è un rischio che pochi si assumono. Eppure è la scuola a dover svolgere per prima quel compito educativo, mentre i genitori hanno il dovere di sostenerlo svolgendo quello genitoriale. Questi ruoli vanno ritrovati e riequilibrati, rinvigoriti di senso, e dobbiamo debellare definitivamente questo virus letale dell’”attacco e difesa” per costruire insieme una comunità scuola allargata, collaborativa e unita. Il ruolo della politica, in tutto questo, consiste nel dare delle linee di indirizzo sopra le parti, e cucire gli strappi all’interno di questa comunità.
Perché sento l’urgenza di esprimere queste riflessioni? Perché sono molto preoccupata per le sfide che attendono il nostro Paese sulla scuola, e di conseguenza la nostra città. Nei prossimi anVicesindaca del Comune di Riminini avremo un aumento molto importante di studenti certificati con disabilità, in particolare con autismo, i cui casi costituiscono oltre il 50% delle diagnosi. Sono in fortissimo aumento gli studenti con disturbi dell’apprendimento (DSA) e anche i ragazzi e le ragazze senza difficoltà certificate hanno spesso alle spalle forti disagi sociali o magari complesse storie di integrazione. È chiaro, quindi, che siamo in una fase della nostra storia che ha davvero bisogno di ripensare al sistema educativo e scolastico per far fronte a queste nuove esigenze. Se non saremo pronti a farvi fronte, la parola “inclusione” e l’espressione “uguaglianza di possibilità” saranno solo parole vuote e il nostro sistema crollerà inesorabilmente.
Per questo abbiamo bisogno sempre di più di una comunità scuola unita. Unita tra dirigenti, insegnanti, ausiliari, famiglie e amministratori comunali. Dobbiamo lavorare insieme e restare uniti, solo così potremo affrontare le sfide del futuro, che sono già alle porte. Abbiamo bisogno più di ogni altra cosa di recuperare il coraggio di prenderci le nostre responsabilità. Ognuno deve esercitare in pienezza il proprio compito o ruolo, soprattutto nei momenti di maggiore incertezza. Le famiglie devono ritrovare il ruolo genitoriale, che non sia una mera protezione del proprio figlio o figlia, e la scuola recuperare il ruolo educativo, che per sua natura è fatto anche di scelte e decisioni difficili; la scuola non deve trincerarsi nei suoi uffici bensì essere pronta al dialogo e al confronto e disposta a rischiare in nome di quel principio fondamentale su cui la scuola si basa: non solo formare ma educare.
A questi due attori del mondo scuola – famiglie e docenti – si aggiungono i ragazzi stessi, di cui spesso ci dimentichiamo, cui spetta a loro volta una responsabilità che è quella di aprirsi, accogliere e farsi carico dei propri compagni e compagne. I ragazzi e le ragazze che sono rimasti più indietro, quelli e quelle con qualche difficoltà, non devono essere percepiti dagli altri compagni come un “problema“ in carico unicamente ai docenti o agli insegnanti di sostegno e agli educatori. Parte dell’esperienza educativa sta proprio e soprattutto nell’attuare una vera inclusione che parta da un’esigenza e da una comprensione profonda dei ragazzi e delle ragazze stesse. La politica, a sua volta, non può e non deve sottrarsi a tutto questo e ha il dovere di intervenire e dire la sua quando serve. Deve difendere tutte e tutti i membri della sua comunità e costruire e facilitare il dialogo tra queste. Questo è, e sarà, il mio impegno nei prossimi anni.
Chiara Bellini
Vicesindaca del Comune di Rimini