Dopo le Sardine che riempiono le piazze, ci mancavano i pesci-pene che invadono la spiaggia. No, fermi, guardoni, non precipitatevi sul lungomare, per ora i molluschi si sono spiaggiati solo a San Francisco, astenersi da malignità sulla fama gay-friendly della città californiana.
La loro somiglianza con il pene umano medio (niente misure alla Rocco, per intenderci), è veramente impressionante, e pure il colore rosa-livido fa pensare ad appendici tagliate di fresco da un esercito di Lorene Bobbit. Pare che l’Urechis uricinctus (questo il nome scientifico dei vermiciattoloni peniformi) in Asia sia una leccornia multitasking: lo si mangia crudo, cotto e anche polverizzato come condimento. E, ovviamente, gli si attribuiscono poteri afrodisiaci, come a tutti gli alimenti che ricordano gli organi sessuali, dall’ostrica alla banana.
Certo che per i creazionisti dev’essere un bel dilemma spiegare perché il Signore abbia riempito il mondo di animali e vegetali così somiglianti a organi che per la stessa religione sono peccaminosi e vanno tenuti ben nascosti. Non gli sarebbe costato nulla dargli una forma diversa, pudibonda e meno imbarazzante. Quando poi Dio ha inventato il pesce pene doveva essere veramente in un momento di buonumore.
Un momento, però: se l’uomo è l’ultima creatura realizzata da Dio, dopo animali e vegetali, allora il pesce pene e l’ostrica sono venuti prima degli organi sessuali maschili e femminili. Forse l’Altissimo, al momento di foggiare gli organi sessuali dell’essere fatto a sua immagine e somiglianza, aveva esaurito le idee – bisogna capirlo, creare tante specie in soli sette giorni non è uno scherzo neanche per l’Onnipotente – così ha riutilizzato i progetti usati per fabbricare quei due molluschi.
Solo un teologo potrebbe spiegarci come sono andate le cose veramente. Quali che siano le proprietà medicamentose del pesce-pene, non bastano a rassicurarci. Del resto anche le alghe hanno effetti terapeutici e sono zeppe di iodio e micronutrienti. Ma è difficile apprezzare le qualità di alcunché, quando te lo ritrovi a tonnellate sulla battigia a decomporsi sotto il sole, come ben sappiamo qui in Riviera.
A cinque mesi dall’inizio della stagione turistica forse dobbiamo iniziare a preoccuparci anche noi di una possibile invasione dei pistolini di mare. Il loro habitat sono le calde acque del Pacifico, ma di questi tempi e con i cambiamenti climatici in corso, sempre più rapidi, non c’è da fidarsi. Ormai sono molte le specie esotiche che si ritrovano a casa loro nel Mediterraneo e forse le avanguardie dell’Urechis stanno già avvicinandosi alle nostre coste, a mo’ di sommergibili.
Così, in caso di elezioni anticipate, se il centrodestra vorrà proporre un movimento di piazza alternativo alle Sardine, avrà già pronto il nome giusto: i Pesci pene. Una denominazione aggressiva, possiamo dire “cazzuta”, che arieggia i culti fallici degli antichi popoli italici e che farà battere il cuore dei vecchi leghisti, cresciuti con il motto di Umberto Bossi, «la Lega ce l’ha duro».
Oddio, a vederlo nella foto proprio duro l’Urechis non sembra, anzi, ha l’aria piuttosto barzotta, ma forse è perché finora non ha mai ascoltato un discorso di Matteo Salvini. La nostra città ha già visto Sant’Antonio predicare ai paganelli, non è escluso che presto vedremo il Capitano arringare i pesci pene.
Lia Celi