In alta Val Marecchia godiamo di quella bellezza ed armonia, costruita nei secoli, forse ancora per poco. Risolti¨relativamente di recente i guai ( puzza e polvere caustica gialla) a parte qualche tappo dei pozzi che cede e viene ingoiato dalla montagna (fortunosamente di notte) , guai presenti fino alla metà del secolo scorso che l’industria estrattiva aveva prodotto quassù e dimenticata poi quest’area negli sviluppi economici che hanno antropizzato i territori limitrofi, giu’ verso la riviera; ora abbiamo la fortuna di ritrovarci in questa ¨bolla¨che come tale è rilucente ma fragilissima.
Gli amministratori pubblici hanno consapevolezza di questo come pure che attualmente gli appetiti per acquisire pezzi di territorio a buon mercato si manifestano nell’ambito dell’impresa industriale. Interesse che si traduce in risorse economiche immediate e certe dai vari oneri e favori.
La sbandierata e richiesta ¨partecipazione popolare ¨ nel decidere è andata a farsi benedire visto che la popolazione ha sentito il rumore delle ruspe per accorgersi dell’invasiva impresa decisa. Meno boato che non mezza rupe che vien giù; ma quel crollo, tutto sommato, è più eco compatibile.
Nessuna considerazione verso la sofferenza di chi ama questi luoghi, al disagio di chi li vive e presidia. L’alta ValMarecchia è un piccolo ed aspro territorio (genti e luoghi) soverchiato da appetiti enormi, consapevole dell’insensatezza di seguire logiche industriali palesemente dimostratesi evanescenti, sprecone, fallimentari. Certo non c’è sufficiente massa critica in loco per contrastare, come pure è insufficiente il ¨controllo pubblico ¨ demandato alle Istituzioni. Servirebbe una maggior attenzione per tutelare il bene di tutti magari dando una mano a chi lo presidia.
Un anacronistico modernismo vorrebbe convincere che ineluttabilmente si vada verso un modello di sviluppo fatto di strade, fabbriche, centri commerciali e dormitori; sviluppo avulso alle priorità sociali ma funzionale all’arricchimento di soggetti particolari con infime ricadute positive, ma temporanee, sulla collettività.
Comparando le volumetrie e le superfici di quello che stanno edificando ai livelli occupazionali raggiungibili anche tenendo conto dell’automazione del settore, appare inconsistente il pur ventilato solito ricatto del posto di lavoro. Un po’ come vantarsi per 3 minuti di risparmio nelle percorrenze da Ponte Messa a Villa Verucchio grazie a una strada nuova sulla ripa vergine del Marecchia ; poi per arrivare prima nelle consuete mezzore lasciate nel ¨ingorgo con ovale¨del fondo valle sconesso alla costa.
Il progetto della Fileni è già in esecuzione dopo un iter oltremodo discreto e solo adesso ci è concesso di guardare quello che stanno facendo.
Come Tanti ¨Umarel¨ stiamo osservando gli sviluppi del cantiere che incide il panorama sotto SanLeo. Preoccupati e consapevoli (rassegnati?) dell’aggressione che compromette il patrimonio di bellezza (artistica, culturale, paesaggistica, ambientale, storica) autentica opportunità di vivere in modo sostenibile qui.
¨Buono e bio¨ recita la filastrocca, pubblicizza polli contenti e chi li mangia atletico e conviviale. Una mano di verde data su un industria considerata tale per l’accertato impatto ambientale che provocano gli allevamenti intensivi; bio o meno. Costa pure meno che pittare a camuffo di verde i capannoni come indicava, con rara indulgenza, il nostro amato Poeta agli ex proprietari Arena polli.
Nel popolo è pure diffusa la convinzione, almeno quanto la rassegnazione, che sia insostenibile continuare a produrre e consumare carne a questi livelli, purtroppo senza la necessaria connessione per mettere a sistema le istanze. Molti di coloro che abitano o conoscono la valle e tutti gli ¨umarel¨( gli altri sono invitati per vedere ciò che potrebbe sparire o per aiutarci a preservarlo) sono preoccupati per il pericolo che incombe sul prezioso scrigno che l’alta valle è. Un Paese democratico consulta il popolo, da voce alle ipotesi formulate tra la gente, considera e nel caso supporta le alternative. Le sue Istituzioni sono a tutela della collettività tutta.
In difetto di ciò dovra essere la pressione politica di un partiro capace di ascoltare, supportarne le vertenze, analizzare con le ed i cittadini quali scenari e prospettive si configurano sul lungo termine per correggerle nel breve e medio.
Paolo Benaglia