Il 27 febbraio 2014, verso le 18, un boato scuote San Leo. Una porzione della rupe, per un fronte di circa 150 metri, è crollata a valle.
Subito si innalza un’immensa nuvola di polvere. Quando si dirada, ci si rende conto che per fortuna nessuna abitazione è interessata dalla frana.
“La frana ha interessato la parte orientale della rupe – riferisce il sindaco di San Leo, Mario Guerra – così come era successo nel 2006 per il versante nord. Le rocce crollate hanno interessato la linea elettrica provocando seri danni ma, al momento, non sono coinvolte le abitazioni. Per tutta la notte, i vigili del fuoco terranno sotto controllo la situazione in attesa che, nella giornata di venerdì, potremo accertarci della reale entità della frana”. Una decina di abitazioni devono essere evacuate.
E’ solo l’ultimo di una serie di episodi che pezzo a pezzo consumano la rupe da quando esiste. La stessa rocca non è più quella disegnata da Francesco di Giorgio Martini, avendo perso da tempo due dei quattro torrioni originari, oltre a una lunga serie di muraglie ed edifici minori. Il confronto fra le raffigurazioni antiche e oggi è eloquente.
Danni documentati puntualmente almeno dal XVII secolo, quando una serie di improvvisi distacchi di roccia avevano reso impraticabile la “Porta di Sotto” e cancellato quella che fino ad allora era stata la via principale di accesso a San Leo.
La strada saliva direttamente alla città dal fondo valle del Marecchia e divenne ufficialmente impraticabile il 18 agosto 1649, come certifica la lettera del commissario feretrano Giovanni Francesco Angelini al Legato pontificio. Il 17 settembre 1690 si lamentano invece crolli presso la Porta di Sopra, ormai l’unica superstite. Il 30 dello stesso mese è impraticabile anche quella e San Leo resta isolata. Il 28 maggio 1742 si segnala che a ogni pioggia la Strada di Sopra resta ingombra di grossi massi, fino a sbarrarla. Il 4 agosto di nove anni dopo crolla un tratto di mura presso la stessa Porta. Nel 1775 la città è di nuovo bloccata per la caduta, alle ore 18 del 29 maggio, di “un grosso gengone che nel cadere ridotto in più pezzi” ostruisce completamente la strada di accesso. E così via fino alla penultima frana, quella dell’11 maggio 2006, quando dal bordo settentrionale si staccano 50 mila metri cubi di roccia, con un boato una nube di polvere che fanno temere alla popolazione un terremoto.
Era andata peggio alla “sorella minore” Maiolo, la cui rupe si dimezzò in una sola notte del 1700, fra il 28 e 29 maggio, inghiottendo molti degli abitanti e lasciando in piedi solo una cortina di mura della rocca.